Il 22 settembre un’imbarcazione di migranti è naufragata al largo delle coste della Siria. Il bilancio è di 94 morti, tra cui dieci bambini. Venti persone sono state soccorse e proseguono le ricerche dei sopravvissuti. Secondo le autorità siriane, a bordo della piccola barca naufragata davanti alla città di Tartus c’erano circa 150 persone, in maggioranza libanesi e profughi siriani e palestinesi, partite da Tripoli, in Libano, una cinquantina di chilometri più a nord. Un giornalista del quotidiano libanese Al Akhbar ha raccolto le voci delle persone presenti al funerale di alcuni giovani morti nel naufragio, provenienti dal campo profughi di Shatila, a Beirut. Una di loro gli ha detto: “Entra nelle nostre case, guarda la nostra vita e capirai che il mare è più misericordioso del Libano, almeno ci uccide una volta sola, mentre nel campo si muore mille volte senza che nessuno ne sappia nulla”. In seguito al collasso economico del Libano, sono in aumento le persone che cercano di attraversare il Mediterraneo a bordo d’imbarcazioni di fortuna per arrivare nei paesi europei, in particolare a Cipro, che si trova a 175 chilometri dalle coste libanesi. ◆
Sogni naufragati
Sul punto di esplodere
La crisi sociale s’intensifica in Tunisia. Per i cittadini le condizioni di vita sono diventate “soffocanti”, scrive il quotidiano La Presse. C’è penuria di generi alimentari di uso quotidiano come lo zucchero, l’acqua imbottigliata e la farina (nella foto, un supermercato ad Ariana, vicino a Tunisi). E con un’inflazione che ha raggiunto l’8,6 per cento, scrive il settimanale tunisino Réalités, le famiglie non riescono ad arrivare a fine mese. Tuttavia non sembra che il presidente Kais Saied, che dal luglio 2021 gode di ampissimi poteri, si renda conto della gravità della situazione. Nei quartieri periferici di Tunisi e nelle città del centro del paese vanno avanti da settimane le manifestazioni notturne, in cui i partecipanti brandiscono filoni di pane chiedendo: “Lavoro, libertà e dignità”. Le proteste sono state innescate anche da un evento accaduto il 24 settembre, riporta il sito Business News. A Mornag, nella periferia di Tunisi, un giovane di 25 anni, Amine, si è suicidato dopo che la polizia municipale aveva confiscato la bilancia che usava per vendere la frutta, senza autorizzazione, vicino al mercato. La sua storia ricorda molto quella di Mohamed Bouazizi, che il 17 dicembre 2010 nella città di Sidi Bouzid si diede fuoco in segno di protesta. Il suo gesto accese la miccia della rivoluzione dei gelsomini, che portò alla fine della dittatura di Zine el Abidine Ben Ali.
In cerca di verità
L’ex dittatore guineano Moussa Dadis Camara è tornato nel paese il 26 settembre ed è stato messo in detenzione provvisoria. Dovrà rispondere delle sue responsabilità nel massacro del 28 settembre 2009 in uno stadio di Conakry, in cui morirono 156 persone. Il processo, che è cominciato il 28 settembre e vede imputate altre dieci persone, sarà “altamente simbolico”, scrive l’opinionista Boubacar Sanso Barry su Le Djely. Tredici anni fa i partiti e le organizzazioni della società civile contrari all’idea che Camara, leader della giunta militare, si candidasse alle presidenziali avevano organizzato una grande manifestazione di protesta allo stadio. Ma agenti in uniforme fecero irruzione e aprirono il fuoco contro i presenti. Presero anche delle donne, che violentarono sotto gli occhi di tutti. Per tutto il processo, conclude Sanso Barry, il paese rivivrà “un trauma collettivo, nella speranza che le vittime ottengano quella verità che reclamano da tanto tempo”.
Donne unite per l’aborto
La morte di Meriem a causa di un aborto clandestino ha suscitato un’ondata d’indignazione in Marocco. La ragazza, una quattordicenne vittima di violenze sessuali, è deceduta a Midelt la notte tra il 6 e il 7 settembre. Maroc Hebdo racconta che il 20 settembre il collettivo femminista Hors-la-loi ha organizzato una giornata di lutto sui social network per rilanciare il dibattito sulla legalizzazione dell’interruzione di gravidanza (consentita solo in caso di pericolo per la salute della donna). Secondo il ginecologo Chafik Chraibi, fondatore dell’Associazione per la lotta contro l’aborto clandestino, ogni giorno nel paese si praticano tra le 600 e le 800 interruzioni di gravidanza non sicure.
Guinea Equatoriale Il presidente Teodoro Obiang Nguema Mbasogo (nella foto), al potere da 43 anni, si candiderà per un altro mandato settennale alle elezioni di novembre.
Arabia Saudita Il principe ereditario Mohammed bin Salman è stato nominato primo ministro il 27 settembre.
Egitto Il 27 settembre il tribunale di Mansura ha rinviato al 29 novembre il processo contro Patrick Zaki, attivista egiziano e studente in Italia.
Uganda Il 25 settembre il bilancio dell’epidemia di ebola dichiarata il 20 settembre era di 23 morti e 36 possibili contagi.
Articolo precedente
Articolo successivo
Inserisci email e password per entrare nella tua area riservata.
Non hai un account su Internazionale?
Registrati