Da luglio in Gambia 69 bambini sono morti ( nella foto, una delle vittime con il padre ) per insufficienza renale acuta riconducibile all’assunzione di alcuni sciroppi per la tosse fabbricati in India, scrive il sito The Point. I test sui medicinali, realizzati dall’Organizzazione mondiale della sanità, hanno rilevato “quantità inaccettabili” di sostanze tossiche come il glicole etilinico. Le autorità gambiane avevano aperto un’inchiesta a luglio e il 23 settembre avevano ordinato il ritiro di alcuni medicinali sospetti. Nel paese, però, la sorveglianza su farmaci e alimenti importati è carente e non c’è un laboratorio pubblico per testare la loro qualità.
Sciroppi contaminati
Il governo del miliardario
In Lesotho le legislative del 7 ottobre sono state vinte da Revolution for prosperity (Rfp), che ha ottenuto 56 seggi su 120. Il partito è stato creato sei mesi fa da Sam Matekane, un ricco imprenditore minerario che non aveva mai fatto politica, scrive Africa News. Negli ultimi dieci anni il piccolo regno è stato governato da una serie di fragili coalizioni di governo di breve durata.
Accordo sui confini
Dopo intensi negoziati con la mediazione degli Stati Uniti, l’11 ottobre Israele e Libano hanno raggiunto un accordo definito “storico” per mettere fine a una disputa sui confini nel mar Mediterraneo e sullo sfruttamento dei giacimenti di gas. I colloqui vanno avanti da due anni tra i vicini ufficialmente in guerra, e la data per la firma dell’accordo non è ancora stata fissata. Per il quotidiano libanese Al Akhbar, il testo “soddisfa entrambe le parti”. Erano state proposte varie ipotesi di confine e, in base alle informazioni arrivate alla stampa, i due paesi si sono accordati sulla Linea 23. Questo significa che il giacimento di gas di Karish sarà sotto il controllo d’Israele, mentre quello di Kana, situato più a nordest, andrà al Libano. Ma siccome questo giacimento oltrepassa la futura linea di demarcazione, una parte delle rendite del suo sfruttamento andranno a Tel Aviv .
Un anno dopo il voto
Il 10 ottobre 2021 gli iracheni erano andati a votare per scegliere un nuovo parlamento, in elezioni organizzate in anticipo per rispondere alla contestazione popolare della fine del 2019. Ma a un anno di distanza il paese è ancora senza governo e non è stato approvato il bilancio dello stato, mentre la paralisi politica, dovuta all’incapacità dei principali schieramenti politici di mettersi d’accordo, ostacola le riforme e i progetti infrastrutturali. Per Al Mada “si profila lo spettro di una nuova rivoluzione o, peggio ancora, di una guerra civile”. Al centro della crisi, spiega il quotidiano di Baghdad, ci sono da un lato il leader sciita Moqtada al Sadr, che chiede di tornare al voto, e dall’altro il Quadro di coordinamento, un’alleanza di fazioni sciite vicine all’Iran, che vuole che prima sia nominato un nuovo governo. Intanto nella capitale s’inaspriscono le misure di sicurezza, denuncia Al Mada. L’11 ottobre il presidente del parlamento, Mohamed al Halbousi, ha annunciato una seduta per eleggere il presidente il 13 ottobre. ◆
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