Il produttore di veicoli con motore elettrico Tesla ha avviato dei colloqui per acquisire una quota nel capitale della Glencore, gruppo svizzero specializzato nel commercio di materie prime, scrive la Neue Zürcher Zeitung. “È un segno di come i grandi produttori mondiali di auto stiano cercando di costruire legami forti con l’industria mineraria, con l’obiettivo di assicurarsi le materie prime più importanti nella fabbricazione dei veicoli elettrici. Secondo alcune persone vicine alle trattative, i contatti tra le due aziende sono cominciati nel 2021, quando la Tesla ha manifestato l’intenzione di comprare una quota tra il 10 e il 20 per cento della Glencore”.
La Tesla vuole la Glencore
La Bce alza i tassi
Il 27 ottobre la Banca centrale europea (Bce) ha aumentato i tre tassi di riferimento dello 0,75 per cento, scrive Die Tageszeitung. La misura è stata decisa per contrastare la crescita dell’inflazione, che a ottobre ha registrato un nuovo record nell’eurozona, arrivando al 10,7 per cento. Secondo la Bce, potrebbero esserci altri aumenti.
Un’Opec per i metalli
“L’Indonesia sta studiando la creazione di un cartello per il commercio dei metalli simile all’Opec, quello formato dai paesi produttori di petrolio”, scrive il Financial Times. Lo ha confermato Bahlil Lahadalia, il ministro indonesiano degli investimenti. L’organismo dovrebbe concentrarsi su metalli come il nichel e il cobalto, che sono indispensabili nella fabbricazione di batterie e in generale nella transizione energetica. Attualmente l’Indonesia è il principale produttore mondiale di nichel e detiene un quarto delle riserve del metallo, con cui assicura il 38 per cento della produzione globale. Tuttavia, osserva il quotidiano britannico, non sarà facile realizzare il progetto perché, al contrario dei paesi dell’Opec, dove l’estrazione del greggio è nelle mani di aziende di stato, in Indonesia e in altri paesi l’estrazione dei metalli dipende da aziende private, spesso straniere.
L’era dell’inflazione
Tra il 2021 e il 2022 il mondo si è trovato alla prese con un problema che si pensava risolto per sempre: l’inflazione, ormai arrivata a tassi a doppia cifra in alcuni paesi ricchi. Fino allo scoppio della guerra in Ucraina diversi politici ed economisti, scrive Kenneth Rogoff in un saggio uscito su Foreign Affairs, erano convinti che si trattasse di un fenomeno transitorio. In realtà, spiega l’economista di Harvard, l’inflazione è destinata a restare a lungo e le sue principali cause vanno cercate nei generosi programmi di sostegno decisi dai governi – soprattutto da quello degli Stati Uniti, prima con Donald Trump nel dicembre 2020 e poi con il suo successore Joe Biden – e dalle banche centrali, che hanno iniettato nell’economia migliaia di miliardi. Solo pochi esperti avevano segnalato i rischi legati a queste misure, ed erano rimasti per lo più inascoltati. È anche per questo che le banche centrali sono intervenute con tanto ritardo contro l’inflazione. “E ora”, conclude Rogoff, “hanno difficoltà a riportare la situazione sotto controllo”. ◆
Articolo precedente
Articolo successivo
Inserisci email e password per entrare nella tua area riservata.
Non hai un account su Internazionale?
Registrati