“In Iran la protesta contro il governo va avanti da mesi, nonostante la repressione delle autorità”, scrive Radio Farda, il canale sull’Iran dell’emittente Radio Free Europe/Radio Liberty. Scatenate dalla morte di una ragazza arrestata dalla polizia religiosa nel settembre 2022, le proteste sono diventate un’espressione di rifiuto del regime clericale, la più decisa e duratura dalla sua instaurazione nel 1979. “Anche se il numero delle manifestazioni è diminuito nelle ultime settimane, è improbabile che svanisca la rabbia causata da decenni di repressione e cattiva gestione dell’economia”. Gli esperti prevedono che la distanza tra i religiosi al potere e i giovani si approfondirà. Ali Fathollah-Nejad, studioso iraniano dell’American university di Beirut, afferma che il paese sembra trovarsi in “un processo rivoluzionario”, cominciato con le proteste del 2017-2018 causate dalla crisi economica e diventate politiche: “Processi simili prevedono fasi di relativa calma e fasi d’instabilità”. Secondo le organizzazioni per i diritti umani, le forze di sicurezza iraniane hanno ucciso almeno 476 manifestanti, tra cui sessanta minorenni. Più di quindicimila persone sono state arrestate. Il 27 dicembre Iran human rights, un’ong con sede in Norvegia, ha denunciato che cento persone accusate di aver partecipato alle proteste sono state condannate a morte o incriminate per reati punibili con la pena capitale. Ma il numero potrebbe essere più alto perché le famiglie subiscono pressioni per restare in silenzio. ◆
Un lungo processo
I soldati eritrei si ritirano
Alla fine di dicembre del 2022 i soldati eritrei dispiegati nel Tigrai, nel nord dell’Etiopia, hanno cominciato a tornare nel loro paese. È una mossa che favorisce la pace, scrive The East African, citando fonti che hanno visto le truppe eritree attraversare il confine. Gli abitanti del Tigrai, riporta la Reuters, accusano i soldati eritrei di saccheggi e uccisioni di civili anche dopo la firma del cessate il fuoco il 2 novembre. Nell’ultima settimana sono continuati i colloqui sul disarmo dei ribelli tigrini, mentre nella regione sono ripresi alcuni servizi essenziali e i collegamenti aerei con il resto del paese. Nella foto, l’arrivo di un volo da Mekelle, nel Tigrai.
La versione di Kagame
Un nuovo rapporto pubblicato dalle Nazioni Unite il 22 dicembre sostiene che ci siano “prove sostanziali dell’intervento diretto delle forze armate ruandesi nel territorio della Repubblica Democratica del Congo, sia per dare sostegno ai ribelli del movimento M23 sia per condurre operazioni contro la milizia delle Forze democratiche per la liberazione del Ruanda”, che si oppone al governo di Kigali. Nel suo messaggio di fine anno, scrive Jeune Afrique, il presidente ruandese Paul Kagame ha detto che la situazione nell’est della Rdc è “la peggiore di sempre”, attribuendo tutta la responsabilità alle autorità di Kinshasa. Kigali nega di sostenere i ribelli dell’M23.
Condanna pesante
Il 30 dicembre 2022 in Mali un tribunale ha condannato a vent’anni di carcere 46 soldati della Costa d’Avorio, arrestati il 10 luglio all’aeroporto di Bamako con l’accusa di essere dei mercenari e di voler destabilizzare il paese, scrive Al Jazeera. Secondo il governo ivoriano, i 46 militari erano arrivati in Mali per partecipare a una missione di pace delle Nazioni Unite.
Giornalista in arresto
Il giornalista Ihsane el Kadi (nella foto), direttore del sito Maghreb Emergent e di Radio M, due simboli della stampa indipendente in Algeria, è stato messo in custodia cautelare il 29 dicembre. Secondo il sito Twala, che ripubblica due dei suoi ultimi articoli, El Kadi subiva delle pressioni economiche ed era perseguitato dalla giustizia per quello che scriveva. In uno degli articoli ripresi da Twala sosteneva che i vertici dell’esercito, la principale forza politica ed economica dell’Algeria, non sono disposti a sostenere un secondo mandato del presidente Abdelmajid Tebboune: “Il suo primo mandato si è fondato sulla repressione dell’ hirak , la rivolta popolare pacifica, e della libertà di stampa. Per l’esercito questo non è un modo di governare praticabile sul lungo periodo, soprattutto nel momento in cui le entrate statali derivanti dagli idrocarburi stanno calando, di pari passo con il rallentamento della crescita mondiale”. Il giornalista concludeva che la prospettiva di una rielezione di Tebboune è molto distante dalla volontà della società civile e della politica. Incarcerando El Kadi, denuncia l’ong Reporters sans frontières, le autorità algerine mostrano di voler seguire fino in fondo una logica autoritaria .
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