Circa mezzo milione di nordcoreane fuggite in Cina, alcune di dodici anni, sono a rischio sfruttamento sessuale. Lo denuncia un rapporto della fondazione non profit Global rights compliance, con sede all’Aja, riportato dall’emittente tedesca Deutsche Welle. I dati raccolti da alcune organizzazioni che si occupano di profughi nordcoreani, come il Database center for North Korean human rights o il Transitional justice working group, indicano che almeno l’80 per cento delle donne finisce nelle reti dello sfruttamento sessuale, facendo guadagnare ai trafficanti cinesi e nordcoreani cento milioni di euro l’anno. Nella foto: donne nordcoreane a Shenyang, in Cina, il 7 gennaio 2018.
Nella rete degli sfruttatori
Portare i pantaloni
Il 24 marzo l’ordine degli avvocati della Thailandia ha corretto il codice che obbligava le iscritte a indossare la gonna nelle aule dei tribunali. Il South East Asia Globe segnala però che l’emendamento dovrà essere pubblicato in gazzetta prima che le avvocate possano difendere i loro casi portando i pantaloni per la prima volta nella storia del paese.
Il ritorno di Jack Ma
Il 27 marzo Jack Ma ha visitato una scuola nella sua città natale, Hangzhou. Il fondatore di Alibaba, il più grande gruppo di commercio online cinese, un tempo simbolo del capitalismo nazionale, non si faceva vedere dalla fine del 2020, quando aveva criticato pubblicamente l’organo di controllo del mercato finanziario e il sistema bancario cinesi. Le sue parole avevano segnato l’inizio di un giro di vite nelle più grandi aziende tecnologiche del paese, e avevano impedito all’Ant, una società a lui intestata, di quotarsi in borsa. Dopo la sua apparizione pubblica nella Cina continentale, interpretata come il segnale di una rinnovata fiducia della politica verso le aziende private, Alibaba ha annunciato che sarà smembrata in sei diverse controllate, cinque delle quali verranno quotate in borsa. È la riorganizzazione più grande che l’azienda compie dalla sua fondazione 24 anni fa. Nikkei Asia
Troppo caldo per i pesci
Il 17 marzo i residenti di Menindee, una cittadina nello stato del New South Wales, hanno trovato milioni di pesci morti nel fiume. Secondo le autorità fluviali la causa è stata l’ondata di calore che sta colpendo la regione, i cui effetti sono più evidenti negli ecosistemi fragili come quelli dei torrenti. Non è la prima volta che succede: anche quattro anni fa la fauna acquatica del fiume Darling era stata decimata dalle temperature elevate. “Oltre alla gravità dell’evento, è la frequenza a preoccupare”, sottolinea The Conversation. “Le ondate di calore sono più frequenti, più intense e durano più a lungo per il cambiamento climatico. Il mondo si è già riscaldato di circa 1,1 gradi dall’inizio dell’era industriale e le temperature continueranno a salire a meno che i governi di tutto il mondo non riducano drasticamente le emissioni”. ◆
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