Il 10 luglio l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura (Fao) ha lanciato l’allarme sulle gravi conseguenze del cambiamento climatico e della scarsità di acqua nelle paludi mesopotamiche del sud dell’Iraq. Le rilevazioni sul terreno registrano la peggiore ondata di calore degli ultimi quarant’anni, accompagnata da livelli d’acqua del fiume Eufrate molto bassi. Questa situazione sta avendo un impatto devastante sul sistema delle paludi, denuncia la Fao: allevatori di bufali, agricoltori e pescatori sono costretti a lasciare le loro case e andare in cerca di cibo, acqua e occupazione in altre zone del paese. Il quotidiano iracheno Al Mada ricorda che le paludi mesopotamiche dell’Iraq sono un patrimonio dell’Unesco dal 2016 e sono un esempio eccezionale di ecosistema acquatico in mezzo al deserto, dove si trovano una flora e una fauna particolari, come rari esemplari di fenicotteri e pellicani. Abitate da quattromila anni, hanno anche una cultura e tradizioni abitative uniche, che ora rischiano di andare perdute. ◆
Paludi a rischio
Migranti perseguitati
“Dall’inizio di luglio la città tunisina di Sfax è teatro di violenze inaudite contro i migranti subsahariani”, scrive il sito Inkyfada. “Queste persone sono state insultate, aggredite e trasferite con la forza dalle autorità verso le frontiere, senz’acqua né da mangiare”. All’origine delle violenze, un caso di cronaca: la notte del 3 luglio Nizar Amri, tunisino di 42 anni, è morto accoltellato. L’omicidio è stato attribuito a subsahariani. Si sono subito scatenate violenze, di fronte alle quali lo stato e l’amministrazione locale sono rimasti in silenzio. Il presidente Kais Saied è intervenuto l’8 luglio affermando che nel suo paese i migranti ricevono un “trattamento umano”. Ma testimonianze e video hanno mostrato centinaia di persone, comprese donne incinte e bambini, abbandonate al confine con l’Algeria e in una zona militarizzata a Ras Jedir, vicino alla Libia. Sono stati denunciati anche stupri, violenze sessuali e gravi pestaggi ai danni di migranti. Nella foto, migranti subsahariani a Sfax, 7 luglio 2023.
I massacri in Darfur
Il 10 luglio l’esercito del Sudan, guidato dal generale Abdel Fattah al Burhan, non ha mandato nessun rappresentante in Etiopia, dove l’organizzazione Intergovernmental authority on development (Igad) aveva programmato dei colloqui tra le parti sudanesi in conflitto. I paramilitari delle Forze di supporto rapido (Rsf) avevano accettato d’inviare un loro portavoce, mentre Al Burhan ha rifiutato l’invito in polemica con il governo del Kenya. L’ong Acled ha calcolato che circa tremila persone sono state uccise dal 15 aprile, ma il bilancio reale potrebbe essere più alto. I combattimenti proseguono nella capitale Khartoum e a El Obeid, nel Nord Kordofan, scrive The East African. La situazione è preoccupante anche nel Darfur Occidentale. Secondo Human rights watch, alla fine di maggio almeno 28 persone sono state uccise dalle milizie arabe e dai paramilitari delle Rsf che avevano fatto in un’incursione nel villaggio di Misterei. Il centro abitato, dove la maggioranza appartiene al gruppo etnico masalit, è stato distrutto.
La protesta continua
Gli israeliani che si oppongono alla riforma della giustizia voluta dal governo di estrema destra di Benjamin Netanyahu hanno organizzato una giornata di mobilitazione l’11 luglio. I manifestanti si sono scontrati con la polizia e 66 persone sono state arrestate, scrive il Jerusalem Post. La notte prima il parlamento aveva votato in prima lettura una misura che prevede di eliminare la possibilità per la corte suprema di annullare le decisioni prese dal governo. Hanno votato a favore 64 deputati su 120. Sono previste altre due votazioni prima che la misura diventi legge.
Kenya Il 7 luglio tre persone sono state uccise nella dura repressione delle proteste organizzate dell’opposizione ( nella foto ). I manifestanti, scesi in piazza in varie città keniane, denunciavano l’aumento di alcune tasse, tra cui quella sui carburanti. Il governo del presidente William Ruto deve affrontare una grave crisi di bilancio e vuole aumentare la pressione fiscale per finanziare i suoi progetti.
Siria A causa del veto della Russia, l’11 luglio il Consiglio di sicurezza dell’Onu non è riuscito a prolungare di nove mesi il meccanismo transfrontaliero che permette di consegnare aiuti umanitari ai 4 milioni di siriani che abitano nel nordovest del paese, controllato dai ribelli.
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