Economia e lavoro

Il doppio volto della Exxon

La prima dichiarazione in cui la ExxonMobil riconosceva pubblicamente che le fonti d’energia fossili sono una delle cause del riscaldamento climatico risale al 2006, ma da allora il colosso energetico statunitense ha cercato per anni di ridimensionare il problema, scrive il Wall Street Journal. Il quotidiano statunitense ha preso visione di alcuni documenti interni da cui risulta che mentre in pubblico il gruppo si diceva preoccupato dei rischi per l’ambiente e sosteneva la necessità di un’azione globale per contrastarli, dietro le quinte “aveva un atteggiamento diverso: pensava a come contenere le paure sull’aumento delle temperature e cercava di snaturare gli studi che danneggiavano gli affari legati al petrolio e al gas”. Questo succedeva quando alla guida del gruppo c’era Rex Tillerson, che appena eletto amministratore delegato aveva cominciato a instillare dubbi sugli effetti del cambiamento climatico e spinto i ricercatori della Exxon a sostenere studi che negavano il problema. Oggi l’atteggiamento dell’azienda è cambiato, soprattutto dopo che contro il gruppo sono state avviate alcune azioni legali con l’accusa di aver mentito sulla crisi climatica.

Prezzi fuori controllo

Ad agosto il presidente siriano Bashar al Assad ha deciso di raddoppiare lo stipendio ai dipendenti statali nelle zone controllate dal regime. Ma subito dopo, scrive il settimanale indipendente siriano Ennab Baladi, ha rincarato del 300 per cento il prezzo del carburante. L’aumento in busta paga, che i dipendenti statali aspettavano da anni, è stato “completamente inutile”. Per questo c’è stata una grande ondata di rabbia tra i residenti delle aree controllate da Damasco. Nel sud del paese, mai toccato direttamente della guerra, sono esplose molte manifestazioni di protesta per la situazione economica. Con un tasso d’inflazione al 238 per cento, la Siria è seconda solo allo Zimbabwe e al Venezuela.

Un altro colosso in crisi

Fuyang, Cina, 3 settembre 2023 (Costfoto/NurPhoto/Getty)

Dopo la Evergrande, un altro grande gruppo immobiliare cinese rischia l’insolvenza, scrive la Bbc. In questo caso la crisi non è stata scatenata tanto dai debiti eccessivi, ma dalla maggiore difficoltà a trovare investitori e soprattutto persone disposte a comprare nuovi immobili. La Country Garden concentra le sue attività sui centri delle aree rurali e sulle zone industriali, che sono state il motore della crescita cinese. Oggi queste aree sono penalizzate dai minori investimenti governativi e dall’aumento delle persone che si trasferiscono altrove. Nei primi sei mesi del 2023 la Country Garden era coinvolta in più di tremila progetti immobiliari, che comprendevano milioni di abitazioni. Il gruppo aveva passività per 186 miliardi di dollari, tra appartamenti già venduti ma non ancora consegnati, obbligazioni e debiti verso i fornitori e le banche. Molti di questi impegni scadranno nel giro di un anno, ma intanto nel primo semestre l’azienda ha già registrato una perdita di sette miliardi di dollari. ◆

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1530 - 22 settembre 2023
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