Mentre nell’est del paese procede la controffensiva dell’esercito di Kiev, e la città occidentale di Leopoli è di nuovo sotto le bombe russe, l’Ucraina ha avviato un’azione legale contro Polonia, Slovacchia e Ungheria. I tre paesi sarebbero colpevoli di aver mantenuto le restrizioni alle importazioni di grano e prodotti agricoli dall’Ucraina per proteggere i propri mercati. “Ormai l’economia ucraina dipende dalle esportazioni attraverso il porto di Costanza”, scrive il polacco Rzeczpospolita. “E Washington comincia a chiedersi se può contare ancora sulla Polonia come principale partner nel sostegno a Kiev o se deve rivolgersi alla Romania”.
Alla battaglia del grano
Quattro lingue in parlamento
Il 19 settembre il parlamento spagnolo ha deciso di permettere l’uso in aula di tre lingue diverse dal castigliano: il basco, il catalano e il galiziano. La riforma è stata voluta dai partiti separatisti catalani e accettata dal governo del socialista Pedro Sánchez (nella foto). “Una scelta che asseconda lo spirito di dialogo e armonia invocato dalla costituzione”, scrive El País.
Lo scandalo dei visti
A un mese dalle elezioni legislative, Diritto e giustizia (Pis), il partito nazionalista e ultraconservatore che governa la Polonia da otto anni, è stato coinvolto in uno scandalo di corruzione che rischia di costargli caro alle urne. La vicenda riguarda la cessione di migliaia di visti, validi anche per l’area Schengen, a migranti e cittadini non europei in cambio di ricche mazzette. Nello scandalo sono coinvolti funzionari dei consolati polacchi all’estero e del ministero degli esteri, tra cui un ex viceministro. Lo scandalo, scrive Newsweek Polska, rivela l’ipocrisia del Pis, che da sempre si vanta delle sue politiche di rigore contro gli immigrati: “Mentre alimentava la paura degli stranieri, il Pis consentiva, con metodi tra il legale e l’illegale, l’ingresso nel paese di decine di migliaia di persone”.
L’attacco finale
Tra il 19 e il 20 settembre la guerra tra Azerbaigian e Armenia ha vissuto una rapida e violenta escalation, che si è conclusa con la resa dell’autoproclamata repubblica armena del Nagorno Karabakh (Artsakh in armeno). Dopo settimane di tensioni, Baku ha lanciato un’offensiva contro i territori ancora sotto il controllo armeno, provocando almeno 30 morti. Come spiega la Reuters, gli azeri hanno sfondato le linee di difesa armene e hanno conquistato alcune postazioni strategiche, costringendo le autorità dell’Artsakh ad accettare la proposta russa di cessate il fuoco. Subito dopo l’attacco Baku aveva parlato di una “azione antiterrorismo” decisa in seguito all’uccisione di alcuni soldati azeri. Erevan aveva invece denunciato un’operazione di pulizia etnica. Dopo il cessate il fuoco, gli azeri hanno chiesto il disarmo e la smobilitazione dei separatisti armeni, confermando anche la volontà di reintegrare nel paese quel che resta dell’Artsakh. ◆
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