Il 13 novembre il Kenya ha celebrato la sua prima giornata nazionale dedicata agli alberi, in cui il governo ha lanciato un’aggressiva campagna per piantare quindici miliardi di piante in tutto il paese entro il 2032, in modo da rallentare la deforestazione e mitigare gli effetti della crisi climatica. Il servizio forestale nazionale ha già fatto sapere che ne pianterà cento milioni in tutto il paese. Seeds of Gold, il supplemento sull’agricoltura del quotidiano keniano Daily Nation, dedica la copertina a Francis Kavisu, il fondatore dell’organizzazione We the trees, che in pochi anni è riuscito a creare un vivaio comunitario, grazie al quale ha donato 285mila piantine di specie indigene di alberi ai gruppi e alle famiglie che ne facevano richiesta. Lo stesso giorno a Nairobi, nella sede del Programma delle Nazioni Unite per l’ambiente (Unep), si sono riuniti più di duemila delegati di 175 paesi e organizzazioni ambientaliste per negoziare un trattato internazionale contro l’inquinamento causato dalla plastica: una minaccia per l’ambiente, la salute degli esseri umani e il delicato equilibrio del pianeta. ◆
Quindici miliardi di alberi
Proteste sull’Atlante
A due mesi dal terremoto in Marocco, che ha ucciso quasi tremila persone e distrutto interi villaggi sui monti dell’Atlante, le donne delle comunità berbere stanno facendo particolarmente fatica a riprendere la loro vita, scrive The New Humanitarian. Molte hanno perso i laboratori in cui producevano tappeti e oggetti di artigianato. A fine settembre il governo aveva promesso aiuti economici alle famiglie colpite dal sisma, ma i soldi non sono sufficienti. Per questo a ottobre sono scoppiate delle proteste contro le autorità.
La battaglia di Kidal
I soldati dell’esercito maliano, appoggiati dai mercenari russi del gruppo Wagner, hanno ripreso il controllo il 14 novembre di Kidal, una città nel nord del Mali che da undici anni era nelle mani dei ribelli separatisti tuareg, oggi riuniti nel Quadro strategico permanente per la pace, la sicurezza e lo sviluppo (Csp-Psd). La battaglia, scoppiata dopo il ritiro dei caschi blu delle Nazioni Unite, è durata giorni, scrive Africanews. Secondo Le Monde Afrique, per l’esercito maliano sono state decisive le nuovi armi comprate dalla giunta militare, come i droni di fabbricazione turca Bayraktar.
Porte aperte al continente
Il 2 novembre 2023 il Ruanda ha reso noto che permetterà a tutti i cittadini di paesi africani di entrare nel suo territorio senza dover chiedere il visto. L’annuncio è stato fatto dal presidente ruandese Paul Kagame in occasione di un vertice internazionale sul turismo nella capitale Kigali. Il Ruanda segue l’esempio del Kenya, che aveva annunciato una misura simile a ottobre, scrive The Republic, segnalando “una tendenza positiva verso l’integrazione e la cooperazione regionale”. Altri stati che non richiedono il visto ai cittadini del continente sono Seychelles, Gambia e Benin. “Nei progetti dell’Unione africana”, continua il sito nigeriano, “c’è un’Africa dove il libero commercio e la libera circolazione delle persone permetteranno di cooperare e costruire la ricchezza del continente. Per realizzare l’obiettivo è stato istituito l’Afcfta, un mercato unico dei beni e dei servizi, che ha portato alla creazione dell’area di libero scambio più grande del mondo”.
Nazionalità in dubbio
L’atmosfera in Madagascar è stata molto tesa in vista delle elezioni presidenziali del 16 novembre, che vedono il presidente uscente Andry Rajoelina candidato a un secondo mandato contro dodici sfidanti, tra cui il suo grande rivale ed ex capo dello stato Marc Ravalomanana. Dall’inizio di ottobre si sono moltiplicate le manifestazioni per chiedere un rinvio del voto ( nella foto, una protesta ad Antananarivo, il 4 novembre 2023 ) e a pochi giorni dalle elezioni una decina di personalità dell’opposizione hanno chiesto di boicottarle. Alle origini della crisi politica c’è la notizia, diffusa a giugno, che Rajoelina aveva ottenuto nel 2014 la nazionalità francese, cosa che gli fa perdere automaticamente quella malgascia, spiega Jeune Afrique.
Iran Il gruppo norvegese per i diritti umani Iran human rights ha calcolato che le autorità di Teheran hanno eseguito 114 condanne a morte da quando, il 7 ottobre, è cominciata la guerra tra Israele e Hamas. Dall’inizio dell’anno ne ha calcolate 649.
Etiopia L’Agenzia degli Stati Uniti per lo sviluppo internazionale (Usaid) ha annunciato che a dicembre riprenderà a distribuire aiuti alimentari in Etiopia. Le consegne erano state bloccate a giugno, dopo che erano emersi casi di corruzione e appropriazione indebita.
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