Il 4 marzo la Francia è diventata il primo paese al mondo a inserire il diritto all’interruzione volontaria di gravidanza nella costituzione. Deputati e senatori hanno approvato a larghissima maggioranza la proposta del governo di Emmanuel Macron. C’è però un grado intollerabile di manipolazione politica da parte di chi è al potere, sottolinea Mediapart. “Macron non voleva davvero rendere costituzionale l’aborto: ci è arrivato dopo la legge sull’immigrazione e quella sulle pensioni. Lo storico voto non cancella il ‘virilismo’ che proviene dall’Eliseo. Per fortuna la costituzione resta, i presidenti cambiano”. ◆
La Transnistria guarda a Mosca
Nel delicato panorama politico dello spazio ex sovietico rischia di aprirsi un nuovo fronte di crisi dopo quello ucraino. Il 28 febbraio la piccola repubblica separatista filorussa della Transnistria, formalmente parte della Moldova, ha chiesto a Mosca di proteggerla dalle “crescenti pressioni” del governo europeista della Moldova, paese in maggioranza romenofono. La risoluzione è stata approvata durante un incontro straordinario di tutti i deputati della repubblica filorussa, il cui presidente, Vadim Krasnoselskij, ha addirittura accusato Chișinău di “genocidio” contro i 220mila cittadini russi della Transnistria. Accuse che, scrive Meduza, ricordano le giustificazioni usate da Mosca per l’intervento in Donbass nel 2014 e per l’invasione dell’Ucraina nel 2022. La Moldova ha liquidato le dichiarazioni di Tiraspol come un “gesto di propaganda”, accusando Krasnoselskij di voler “alimentare l’isteria”. Il parlamento russo ha invece ribadito che “la difesa dei compatrioti della Transnistria” è tra le sue priorità, mentre nell’annuale discorso alla nazione del 29 febbraio, in cui non sono mancate le minacce all’occidente, il presidente Putin non ha fatto cenno alla vicenda. Come spiega Deutsche Welle, le pressioni di cui parlano i separatisti si riducono alla decisione di Chișinău d’imporre dazi doganali sulle merci importate dai loro territori.
Un allarme per i laburisti
Il voto suppletivo nella cittadina di Rochdale ha riportato in parlamento una delle figure più discusse della politica britannica, l’ex deputato laburista George Galloway ( nella foto ), e aperto una piccola crisi nel partito di Keir Starmer. Galloway, populista, filorusso e leader del Partito dei lavoratori, ha sconfitto gli avversari basando la campagna elettorale sull’opposizione alla guerra a Gaza e attaccando violentemente gli altri partiti, soprattutto il Labour, per l’appoggio a Israele. La confusione preelettorale è stata alimentata anche dalla decisione dei laburisti di ritirare il sostegno al candidato Azhar Ali, per alcune frasi antisemite sulla strage di Hamas del 7 ottobre. “Non è stata una sfida corretta”, scrive il New Statesman. “Il caos della non candidatura di Ali e l’aggravarsi della crisi di Gaza hanno lasciato gli elettori laburisti senza una figura da votare. Per un ribelle di professione come Galloway è stata una vittoria facile, ma è sbagliato dire che sia stata una sconfitta di Starmer”.
Il nemico ascolta
Il governo tedesco ha cercato di ridimensionare le polemiche provocate dallo “scandalo delle intercettazioni”, cioè dalle registrazioni di conversazioni tra alti funzionari dell’esercito tedesco sulla possibile consegna di armi all’Ucraina, che Mosca ha reso pubbliche. Berlino ha attribuito la fuga di notizie a un grave “errore individuale”, e secondo il ministero della difesa “i sistemi di comunicazione dell’esercito tedesco non sono stati compromessi”. La tempistica della pubblicazione non sembra una coincidenza, scrive la Tageszeitung. “L’attività di propaganda di Vladimir Putin è riuscita a far sparire dai titoli dei giornali il coraggio delle persone che hanno preso parte al funerale di Aleksej Navalnyj”.
Russia Il dissidente Oleg Orlov ( nella foto ), tra le figure di spicco nella lotta per i diritti umani in Russia, è stato condannato a due anni e mezzo di reclusione per aver pubblicamente criticato l’invasione dell’Ucraina.
Ucraina Dieci persone, tra cui tre bambini, sono morte in un attacco russo su Odessa il 2 marzo. Dopo il bombardamento, Kiev è tornata a chiedere all’occidente armi e munizioni. Un altro missile russo è caduto sulla città il 6 marzo, a pochi metri dall’auto su cui viaggiavano Zelenskyj e il premier greco Kyriakos Mitsotakis. Il numero delle vittime è incerto.
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