Africa e Medio Oriente

Vita politica sospesa

Un decreto reale pubblicato il 12 maggio ha annunciato la formazione di un nuovo governo, guidato da Ahmad Abdullah al Sabah, nipote dell’emiro del Kuwait e già nominato primo ministro ad aprile. Tre giorni prima l’emiro Mishal al Ahmad al Sabah aveva sciolto il parlamento e sospeso alcuni articoli della costituzione per una durata massima di quattro anni, a causa dei disaccordi tra l’assemblea e l’esecutivo, che ostacolavano l’approvazione delle riforme per diversificare l’economia. Secondo il quotidiano panarabo Al Arab, la decisione dell’emiro “scuote un sistema politico malato”, che sta bloccando il Kuwait da anni: ogni decisione del governo è bocciata dai parlamentari che accusano i ministri di corruzione, mentre i ministri a loro volta accusano i deputati di ostacolare i piani di sviluppo del paese. L’emiro ha assunto alcune competenze del parlamento e ne ha date altre al governo. Inoltre ha fatto sapere che nel prossimo futuro ci sarà una revisione del sistema politico e della costituzione. ◆

Un successo contestato

Reuters/Contrasto

In Ciad il president e della transizione e leader militare Mahamat Idriss Déby ( nella foto, al centro ) ha vinto le ultime elezioni presidenziali con il 61 per cento dei voti. Lo ha reso noto il 9 maggio la commissione elettorale annunciando i risultati provvisori. Il suo principale sfidante, l’attuale premier Succès Masra, ha ottenuto il 18,5 per cento dei voti. Il 12 maggio, scrive il sito Al Wihda, Masra ha presentato un ricorso alla corte costituzionale per contestare i risultati.

L’assedio di Al Fashir

Negli ultimi giorni si sono intensificati i combattimenti tra l’esercito e i paramilitari delle Forze di supporto rapido (Rsf) intorno ad Al Fashir, capoluogo dello stato del Darfur Settentrionale e ultima città nell’ovest del Sudan a sfuggire ancora al controllo delle Rsf. Si stima che ad Al Fashir più di 800mila persone siano in pericolo. Il 10 maggio le Nazioni Unite hanno registrato 27 morti e 130 feriti, mentre due giorni dopo una bomba è scoppiata vicino a un ospedale pediatrico, facendo crollare il tetto della terapia intensiva e uccidendo due bambini ricoverati e un dipendente. Il gruppo britannico Sudan Witness, scrive l’Associated Press, avverte che nel mese di aprile sono aumentati i villaggi e gli insediamenti distrutti dagli incendi, in particolare nelle aree a nord e a ovest di Al Fashir, denunciando l’uso del “fuoco come arma di guerra”. Il ministero degli esteri, legato all’esercito, si è scagliato contro la comunità internazionale, accusata di aver fallito in Darfur, scrive Sudan Tribune. Un recente rapporto dell’ong Human rights watch attribuisce alle Rsf – che godono del sostegno degli Emirati Arabi Uniti – la responsabilità di una “pulizia etnica” nel Darfur Occidentale, in particolare contro la popolazione masalit.

Arresto in diretta tv

“Che faremo quando le prigioni saranno tutte piene?”, si chiede lo scrittore Ahmed al Habasi su Anbaa Tunes, esprimendo solidarietà con i giornalisti arrestati per aver fatto dichiarazioni sgradite al regime. L’11 maggio l’avvocata e opinionista Sonia Dahmani è stata portata via dalla sede del suo ordine professionale da uomini a volto coperto. La scena è stata ripresa in diretta dall’emittente francese France24. Durante un dibattito in tv Dahmani aveva fatto un commento sarcastico sulla situazione in Tunisia. Il 13 maggio gli avvocati hanno indetto uno sciopero generale. Negli ultimi due anni, nota Al Habasi, il numero delle persone detenute è raddoppiato ed è il presidente Kais Saied a definire i limiti della libertà d’espressione.

Francois Mori, Ap/Lapresse

Iran Il regista Mohammad Rasoulof ( nella foto ) è stato condannato a otto anni di carcere, alla fustigazione e alla confisca delle sue proprietà per “collusione contro la sicurezza nazionale”, ha dichiarato il suo avvocato l’8 maggio. Rasoulof è riuscito a lasciare il paese.

Alluvioni In Uganda il 14 maggio le acque del lago Vittoria erano salite di 13,66 metri rispetto alla norma, il livello più alto mai raggiunto, a causa dell’ingrossamento dei fiumi. In Burundi duemila famiglie sono state costrette a trasferirsi dalle aree a rischio di allagamento.

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1563 - 17 maggio 2024
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