I sindacati degli Stati Uniti, che per decenni sono rimasti sulla difensiva, sono passati all’attacco: in tutto il paese sono stati organizzati scioperi per chiedere migliori condizioni di lavoro. Secondo gli esperti l’attivismo continuerà a crescere, ma se porterà a un cambiamento duraturo è una domanda ancora aperta.
Molti lavoratori che durante la pandemia sono stati in prima linea rischiando la vita oggi chiedono paghe più alte e vogliono un riconoscimento per il loro impegno. In un periodo in cui molti imprenditori si lamentano del fatto che non riescono a trovare manodopera, i lavoratori sentono di poter chiedere di più. Di certo aiuta il fatto che il presidente Joe Biden sia vicino ai sindacati, così come il sostegno dell’opinione pubblica all’azione sindacale, più forte rispetto al passato.
Ma alcune grandi aziende si stanno comportando come se non fosse cambiato niente, e continuano a sfruttare i lavoratori anche quando i profitti aumentano. I dipendenti della John Deere, che produce macchine agricole, dicono che l’azienda gli ha offerto un aumento di appena il 12 per cento in sei anni, che non tiene conto dell’inflazione. Nel 2020 lo stipendio dell’amministratore delegato è aumentato del 160 per cento, arrivando a 16 milioni di dollari, e i dividendi degli azionisti sono cresciuti del 17 per cento. I lavoratori hanno votato e hanno respinto con una maggioranza schiacciante la proposta dell’azienda. Il 14 ottobre hanno lanciato uno sciopero in quattordici impianti. È il primo negli ultimi 35 anni. “Durante la pandemia abbiamo continuato ad andare in fabbrica”, dice Chris Laursen, operaio dello stabilimento di Ottumwa, in Iowa. “Ora vogliamo qualcosa in cambio”.
Secondo Thomas Kochan, docente di relazioni industriali al Massachusetts institute of technology, è un momento particolarmente favorevole per i lavoratori. La carenza di manodopera porta molte grandi aziende a offrire salari più alti. “In questo contesto gli scioperi, se avranno successo, potrebbero innescarne altri”.
Kevin Bradshaw, operaio in sciopero dello stabilimento Kellogg’s di Memphis, in Tennessee, accusa l’azienda di prodotti alimentari di non aver riconosciuto il sacrificio dei lavoratori. Bradshaw spiega che durante la pandemia lui e i suoi colleghi hanno lavorato spesso per trenta giorni di fila in turni da dodici o perfino sedici ore. Per questo giudica offensiva l’ultima proposta contrattuale, che prevede salari più bassi per i nuovi assunti. “La Kellogg’s propone un taglio di 13 dollari per i nuovi arrivati”, spiega. Secondo Bradshaw, questo cambiamento penalizzerebbe la prossima generazione di lavoratori. La Kellogg’s ha risposto sostenendo che i suoi salari sono tra i più alti del settore e che il nuovo contratto permetterà di tenere testa alla concorrenza.
I dirigenti della John Deere hanno detto che sperano di raggiungere un accordo con i dipendenti per fare in modo che i propri lavoratori continuino a essere “i più pagati nell’industria agricola”.
Dimissioni di massa
Ci sono molti altri scioperi in corso. Più di quattrocento lavoratori della distilleria Heaven Hill, in Kentucky, sono fermi da sei settimane. Da aprile mille minatori della Warrior Met sono in sciopero in Alabama. Centinaia di infermieri dell’ospedale Mercy di Buffalo hanno cominciato uno sciopero il 1 ottobre. Nella stessa giornata si sono fermati 450 metalmeccanici della Special Metals nello stabilimento di Huntington, in West Virginia. Trentamila dipendenti della Kaiser Permanente, una non profit che opera nel settore della sanità, hanno votato per entrare in sciopero.
Belinda Redding, un’infermiera di Woodland Hills, in California, spiega che la Kaiser Permanente ha messo da parte 45 miliardi di dollari. “Durante la pandemia abbiamo dato il massimo”, racconta. “Abbiamo fatto straordinari su straordinari e le nostre vite sono state stravolte. C’erano i cartelli con la scritta ‘Qui lavorano gli eroi’. Per noi la pandemia non è ancora finita. Ma loro ci hanno offerto un aumento dell’1 per cento del salario”. Inoltre Redding critica la proposta di assumere nuovi infermieri con un salario più basso del 26 per cento rispetto ai dipendenti attuali. Secondo lei c’è il rischio di una carenza di personale. “È difficile immaginare che un nuovo infermiere s’impegnerà al massimo sapendo che guadagna molto meno dei colleghi”. La Kaiser ha risposto sottolineando che i suoi dipendenti guadagnano il 26 per cento in più rispetto alla media del mercato.
Nel frattempo molti lavoratori non sindacalizzati, esasperati dai salari bassi e dalle pessime condizioni di lavoro, si sono licenziati o si sono rifiutati di tornare all’impiego che avevano prima della pandemia. Ad agosto si sono licenziati 4,2 milioni di lavoratori. Secondo alcuni economisti, è una sorta di sciopero silenzioso con cui i lavoratori chiedono salari e condizioni migliori. “Stanno usando le dimissioni come un modo per esercitare il loro potere”.
Per quanto riguarda i lavoratori sindacalizzati, alcuni esperti fanno un parallelo tra l’attuale ondata di scioperi e quelle che ci furono dopo le due guerre mondiali. Come sta succedendo oggi, i due conflitti spinsero molti statunitensi a farsi una domanda: non meritiamo, dopo tutto quello che abbiamo passato, condizioni e salari migliori? Robert Bruno, docente all’università dell’Illinois, è convinto che l’aumento della militanza dovrebbe spingere i datori di lavoro a rivedere il proprio metodo di contrattazione: dovrebbero abbandonare l’idea che i lavoratori si lasceranno sottomettere dalla minaccia della delocalizzazione. Bruno crede che gli aumenti salariali e il miglioramento delle condizioni di lavoro siano destinati a durare, quindi l’adesione ai sindacati aumenterà.
Ruth Milkman, sociologa del lavoro della City university di New York, non è d’accordo. Secondo lei gli scioperi diminuiranno quando finirà la carenza di manodopera. L’adesione ai sindacati non aumenterà in modo rilevante, anche perché “non stanno facendo un grande lavoro di organizzazione”.
Per Milkman la questione fondamentale è capire come rafforzare il movimento sindacale. Secondo la sociologa sarebbe importante che il congresso approvasse il Right to organize act, una legge che faciliterebbe la sindacalizzazione dei lavoratori, spingerebbe i sindacati a svolgere una maggiore attività organizzativa e aumenterebbe le possibilità di vincere le battaglie sui luoghi di lavoro. ◆ as
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Questo articolo è uscito sul numero 1433 di Internazionale, a pagina 27. Compra questo numero | Abbonati