La presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen non ha torto quando invita i paesi europei a velocizzare la consegna di armi all’Ucraina. Il presidente russo Vladimir Putin ha ribadito più volte che questo paese non ha diritto di esistere. Senza aiuti, gli ucraini sono perduti. Il diritto internazionale è inequivocabile: l’Ucraina ha tutto il diritto di difendersi. Von der Leyen vuole riaffermare un’azione coordinata a livello europeo, anche perché l’unità è più fragile di quello che sembra. La Commissione prepara il prossimo pacchetto di sanzioni economiche contro Mosca, compreso lo stop alle importazioni di petrolio. La direzione intrapresa insieme agli Stati Uniti porta chiaramente verso un confronto sempre più duro. E dato che né Washington né i paesi europei sono disposti a intervenire direttamente, non sembra esserci altra scelta. Putin non deve in nessun caso vincere questa guerra.

Bisognerebbe chiedersi però se questa strategia, per quanto giustificata, sia anche saggia per l’Europa, e se non ci sia bisogno piuttosto di un’alternativa, di un piano B da adottare nel caso in cui il piano A non porti rapidamente alla sconfitta di Putin. Von der Leyen ammette che “la guerra potrebbe durare ancora mesi e anni”. Il Cremlino è stato chiaro: la Russia non può perdere la guerra in nessun caso. Dopo due mesi di conflitto sembra che Putin sia disposto a pagare qualsiasi prezzo, compreso radere al suolo intere città e uccidere decine di migliaia di persone. Se si arriverà a questo i paesi europei si troveranno in una situazione molto difficile. Viene da pensare alla guerra in Bosnia degli anni novanta e al genocidio di Srebrenica. Questi eventi suscitarono orrore, ma non un imponente intervento militare occidentale. Washington incaricò Richard Holbrooke di avviare le trattative con il presidente serbo Slobodan Milošević, che portarono agli accordi di Dayton e alla fine delle ostilità, anche se non alla pace.

L’ipotesi più probabile oggi è che Putin non perderà né vincerà la guerra. Rimarrà un conflitto congelato e l’unica via d’uscita sarà il ritorno alla diplomazia. Alla lunga i carri armati e i missili non potranno sostituire la politica estera. Per questo l’Unione europea deve mandare un messaggio chiaro a Mosca: aumenteremo le sanzioni e le consegne di armi, ma siamo anche pronti a parlare di soluzioni politiche, a condizione di stabilire prima un cessate il fuoco. L’Unione europea ha bisogno di una doppia strategia realistica. ◆ mp

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Questo articolo è uscito sul numero 1457 di Internazionale, a pagina 19. Compra questo numero | Abbonati