E se il comunismo avesse troppi vantaggi rispetto agli altri sistemi? Questa è la domanda che si pongono i giocatori del videogame di strategia Victoria 3. Mentre governano le nazioni dell’ottocento, prendendo decisioni sulla gestione politica, sociale ed economica, i giocatori hanno osservato che l’adozione di politiche socialiste rendeva i paesi più produttivi e più felici rispetto a qualsiasi altra alternativa disponibile. Si sono resi conto che la formazione di cooperative di lavoratori e la ridistribuzione della ricchezza tra le classi lavoratrici erano molto più efficaci, quasi si trattasse di un trucco che portava alla nazione perfetta.
“Accidenti, questo gioco mi ha fatto apprezzare i sussidi e lo stato sociale nella vita reale”, ha scritto un giocatore su Reddit. Il clamore è stato tale che gli sviluppatori della Paradox, in un aggiornamento, hanno pensato bene di ritoccare gli equilibri del gioco.
Da chi viene la predica
I pregi e, molto più spesso, le insidie del capitalismo sono un argomento comune nei videogiochi. Eppure, troppo spesso, questa circostanza non viene sottoposta all’esame approfondito che meriterebbe. Le rare critiche intelligenti restano confinate all’interno dell’ecosistema videoludico, un mondo dove le aziende mostrano spesso e volentieri i peggiori eccessi del capitalismo incontrollato. I videogiochi possono permettersi di criticare i sistemi economici? O il loro messaggio è compromesso dai mezzi che usano?
Di solito questo genere di analisi è piuttosto superficiale. Gli sviluppatori si affidano a luoghi comuni a dir poco logori, come la malvagità delle grandi aziende, oppure descrivono i capitalisti come i cattivi dei cartoni animati.
In Cyberpunk 2077 il giocatore impersona un hacker ribelle che si aggira in una megalopoli controllata dalle multinazionali, mentre in Grand Theft Auto V il nemico principale è il malvagio miliardario Devin Weston. Questa satira è in parte neutralizzata dalla sua rozzezza: raffigurando i danni potenziali di un capitalismo incontrollato, mostrando uomini avidi che fumano sigari o costruendo interi mondi di proprietà di un singolo magnate, non ci si rende conto dei modi più sottili in cui questi sistemi possono causare danni reali.
Inoltre gli sviluppatori di entrambi i giochi, la CD Projekt Red e la Rockstar, in passato sono stati accusati della pratica immorale del crunch (periodi di lavoro estremamente intenso, prima della pubblicazione di un gioco). Per esempio, la squadra che ha sviluppato Cyberpunk 2077 ha lavorato cento ore alla settimana per portare a termine il gioco (che al momento dell’uscita era comunque imperfetto). A questo si aggiunge la predilezione delle aziende del settore per i modelli commerciali come le microtransazioni e le loot box (in pratica dei forzieri virtuali in cui ci sono oggetti premio utili al gioco), che fanno sentire molti videogiocatori come dei portafogli da svuotare e degli occhi da spremere per ottenere denaro e attenzione.
Pratiche altrettanto dubbie hanno portato l’azienda creatrice di Fortnite, la Epic Games, ad accettare questa settimana di pagare un risarcimento di 520 milioni di dollari alla Federal trade commission, ente statunitense che, tra gli altri, ha il compito di tutelare i consumatori. Sapendo tutto questo, quando i videogiochi prendono di mira le aziende senza scrupoli, le loro critiche suonano false. Hanno adottato l’anticapitalismo solo come estetica.
Le condizioni di produzione dei giochi danno inevitabilmente forma alle storie che i giochi stessi raccontano. L’ideologia capitalista è incorporata nelle meccaniche più fondamentali dei videogiochi: in quasi tutti si accumulano risorse per diventare più potenti di tutti gli altri e dominare il mondo.
Ed è un peccato, perché i giochi possono anche essere un mezzo unico ed efficace per esplorare le ideologie, visto che i giocatori partecipano ai loro sistemi facendo delle scelte in prima persona. Giochi di strategia come Victoria, Civilization e Tropico permettono ai giocatori di sperimentare diversi modi di governare, ognuno con i suoi punti di forza e le sue debolezze.
Un titolo che affronta in modo significativo l’argomento è il gioco di ruolo fantascientifico The outer worlds: il giocatore impersona un colono spaziale che si è risvegliato da un lungo periodo di sonno criogenico per trovare una galassia gestita da aziende tentacolari così potenti da possedere perfino i corpi dei loro dipendenti. Grazie alle notevoli menti dell’azienda che ha creato anche Fallout: New Vegas, il gioco vi permette di decidere se combattere contro il sistema o se servirlo e raccoglierne i frutti.
Contraddizioni in gioco
La maggior parte delle critiche più sensate viene dal mondo dei giochi indipendenti. Disco Elysium è uno dei più sofisticati nell’affrontare la politica: è ambientato in un mondo di rivolte operaie, sindacati corrotti e governi militarizzati, in cui i giocatori sono incoraggiati a confrontarsi con diverse ideologie. Citizen sleeper mette i giocatori nei panni di androidi che cercano di sfuggire alle grinfie di un’azienda tecnologica che possiede le loro menti e i loro corpi. Mentre Kentucky route zero e Night in the woods offrono rappresentazioni intime e poetiche della povertà rurale statunitense.
Altri giochi hanno un approccio più diretto. In Democratic socialism simulator si può impersonare il primo presidente socialista degli Stati Uniti e si devono prendere decisioni per attuare politiche di sinistra mentre si fanno i conti con scandali, lobby e un imminente collasso ambientale.
Tonight we riot, invece, mette i giocatori nei panni di un gruppo di rivoluzionari che uccide agenti di pubblica sicurezza e cerca di rovesciare lo stato. Rendendo i giocatori un collettivo anziché un singolo personaggio, il gioco offre una rara ammissione del fatto che, di solito, ci vuole più di una persona per cambiare il mondo. E gli sviluppatori del videogame sono in linea con questi ideali, avendo strutturato la loro squadra di lavoro come un collettivo.
Insomma è evidente che i videogiochi sono oggetti contraddittori: sono il frutto di un lavoro intenso, concepiti per un piacere ozioso, e raccontano storie che potrebbero immaginare un mondo migliore ma spesso rafforzano gli impulsi peggiori della società. Ci sarebbe posto per una critica politica significativa, anche in quelli prodotti delle grandi aziende. Ma le stesse aziende dovrebbero essere abbastanza illuminate da riconoscere la loro posizione in un sistema difettoso, piuttosto che cercare semplicemente d’ignorare la cosa. ◆ ff
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Questo articolo è uscito sul numero 1503 di Internazionale, a pagina 84. Compra questo numero | Abbonati