Dopo gli ultimi attentati contro le forze di sicurezza, il presidente egiziano Abdel Fattah al Sisi ha promulgato un decreto che autorizza i tribunali militari a giudicare i civili accusati di attacchi contro le infrastrutture dello stato.

Il 24 ottobre un kamikaze si era lanciato con un’automobile imbottita di esplosivo contro un posto di blocco dell’esercito nel nord della penisola del Sinai, uccidendo trenta soldati: è stato l’attacco più letale contro le forze di sicurezza da quando l’ex comandante dell’esercito e attuale presidente ha deposto l’islamista Mohamed Morsi nel luglio del 2013.

All’indomani dell’attacco, Al Sisi aveva promesso una reazione durissima contro la minaccia dei jihadisti.

Il decreto del 27 ottobre pone le infrastrutture dello stato - in particolare le centrali e i piloni dell’elettricità, la rete ferroviaria e i ponti - sotto la protezione militare per un periodo di due anni, consentendo ai tribunali militari di processare chiunque sia ritenuto colpevole di attaccarle.

“I crimini commessi contro le istituzioni, contro impianti e beni pubblici rientrano sotto la giurisdizione dei tribunali militari”: così si legge nel decreto che amplia in modo considerevole la giurisdizione di questi tribunali, che erano già stati autorizzati a giudicare i civili in caso di attacchi contro gli impianti o il personale militari.

Dopo la destituzione di Morsi, in Egitto quasi ogni giorno avvengono attentati contro le forze di sicurezza. Questi attacchi sono spesso rivendicati da gruppi jihadisti che affermano di agire in risposta alla sanguinosa repressione attuata contro i sostenitori di Morsi.

A novembre le autorità avevano già adottato una legge che limita il diritto di manifestare, dopo che i raduni degli islamisti sfociavano regolarmente in scontri con la polizia.

“C’è una grande differenza tra manifestare e attaccare gli impianti pubblici”, ha dichiarato il portavoce del presidente, Alaa Youssef, ribadendo che il decreto ha l’obiettivo di “proteggere gli impianti pubblici dagli attacchi terroristici”.

La scorsa settimana un tribunale militare ha condannato a morte sette jihadisti accusati di attacchi letali contro l’esercito. Altri jihadisti, accusati di attentati contro la polizia, sono stati giudicati da tribunali civili.

Dopo la rivolta del 2011 che ha rovesciato Hosni Mubarak, migliaia di civili sono stati giudicati da tribunali militari in base a vari capi d’accusa: è quanto affermano gli attivisti in difesa dei diritti umani denunciando verdetti sbrigativi e severi e chiedendo la fine di queste procedure. Afp

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