L’omicidio del leader dell’opposizione russa Boris Nemtsov non è legato alla pista dell’estremismo islamico ceceno, ma potrebbe essere stato organizzato da alcuni funzionari del Cremlino. Lo ha ribadito Ilya Jašin, un compagno di partito del leader dell’opposizione russa assassinato il 27 febbraio a Mosca, contestando ancora una volta la pista seguita finora dagli inquirenti.

Ilya Jašin ha parlato dopo che Zaur Dadaev e Anzor Gubašev, due uomini di origini cecene arrestati nei giorni scorsi in Inguscezia, sono stati accusati di omicidio, dopo l’arresto di altre tre persone. Un sesto sospettato si sarebbe suicidato la notte del 7 marzo nel suo appartamento a Grozny, durante un blitz della polizia. Zaur Dadaev, l’unico tra i fermati ad aver confessato l’omicidio, è stato vicecomandante del battaglione Sever delle forze speciali cecene e nell’ottobre del 2010 è stato decorato con una medaglia al merito dall’attuale presidente russo, Vladimir Putin.

Secondo gli inquirenti, Boris Nemtsov sarebbe stato ucciso da Zaur Dadaev e altri estremisti islamici ceceni perché aveva difeso pubblicamente le vignette su Maometto pubblicate dal settimanale satirico francese Charlie Hebdo. Ma questa ipotesi non convince Jašin e gli altri politici vicini a Boris Nemtsov, che, come detto, ipotizzano il coinvolgimento di alcuni funzionari del Cremlino.

“Le nostre paure peggiori si stanno avverando. L’uomo che ha premuto il grilletto sarà condannato, mentre i mandanti saranno lasciati a piede libero. La teoria sugli estremisti islamici fa comodo al Cremlino e tiene Putin lontano dai riflettori”, ha dichiarato Jašin.

Nei giorni precedenti alla sua morte, Nemtsov stava lavorando a un’inchiesta sulla presenza di soldati dell’esercito russo tra le file dei separatisti filorussi nell’est dell’Ucraina. Reuters, Bbc

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