Il 27 giugno il dipartimento di giustizia degli Stati Uniti ha chiesto al costruttore di aeroplani Boeing di ammettere le sue responsabilità sugli incidenti del 2018 in Indonesia e del 2019 in Etiopia che provocarono la morte di 346 persone a causa dei difetti di un software anti-stallo, il Maneuvering characteristics augmentation system (Mcas).

L’accordo proposto dal governo prevede inoltre che l’azienda accetti un esperto esterno incaricato di monitorare il rispetto degli standard di sicurezza per tre anni, oltre al pagamento di ulteriori risarcimenti per 487 milioni di dollari. Se la Boeing non dovesse sottoscrivere la proposta, dovrebbe affrontare il processo in aula. Non è chiaro se, ammettendo le proprie responsabilità, potrà ancora accedere ai contratti governativi. I legali delle famiglie delle vittime hanno giudicato la proposta troppo favorevole alla Boeing, annunciando che si opporranno in tutti i modi. L’azienda ha tempo fino al 7 luglio per accettarla.

Secondo le autorità statunitensi, la Boeing avrebbe violato l’accordo sottoscritto nel 2021 con il dipartimento di giustizia, il cosiddetto Deferred prosecution agreement, per chiudere i procedimenti legati ai due disastri aerei. L’intesa prevedeva risarcimenti e multe per 2,5 miliardi di dollari, di cui cinquecento milioni destinati alle famiglie delle vittime, e un rafforzamento del sistema di monitoraggio interno per individuare eventuali frodi.

L’accordo triennale è scaduto a gennaio 2024, dopo che il 5 gennaio un Boeing 737 dell’Alaska Airlines 737 aveva perso un portellone durante il volo. L’episodio aveva provocato una nuova inchiesta contro l’azienda. Le autorità avevano inoltre deciso di far restare a terra fino a nuovo ordine tutti i Boeing 737 Max 9 con portelloni sigillati come quello che si era staccato in volo, una misura che riguardava 171 dei 218 apparecchi di quel tipo in servizio negli Stati Uniti. Nei mesi precedenti c’erano stati altri gravi episodi: l’8 ottobre la United Airlines, che possiede la più grande flotta al mondo di 737 Max 9 (79 aerei), aveva affermato di aver scoperto “bulloni allentati” durante i controlli sui portelloni. Lo stesso giorno anche l’Alaska Airlines aveva dichiarato di aver individuato delle “attrezzature fissate male” su alcuni apparecchi.

Il 18 giugno, nel corso di una drammatica audizione al senato degli Stati Uniti, David Calhoun, l’amministratore delegato della Boeing, ha chiesto scusa per i disastri aerei del 2018 e del 2019. Rivolgendosi direttamente ai familiari delle vittime presenti in aula, il manager ha detto: ”A nome di tutta la Boeing vorrei chiedere scusa per le persone care che avete perso. Mi scuso per il dolore che abbiamo provocato. Riconosco che il software Mcas e la Boeing sono responsabili di questi disastri”. È stata la prima volta che parole simili sono arrivate da un alto dirigente dell’azienda statunitense, nota la Neue Zürcher Zeitung.

Non le aveva pronunciate certo il predecessore di Calhoun, Dennis Muilenberg, che anzi “non aveva mostrato alcuna empatia e alla fine del 2019 era stato costretto ad andare via”. Calhoun doveva essere la persona che rimetteva le cose a posto, ma in questi anni la situazione dell’azienda è perfino peggiorata, scrive il quotidiano svizzero: gli incidenti e gli errori hanno continuato a susseguirsi inesorabilmente e per di più le rivelazioni di alcune “gole profonde” hanno permesso di rivelare quanto sia inefficiente il sistema di controllo della qualità all’interno dell’azienda. Calhoun ha annunciato che lascerà l’incarico alla fine del 2024 e ora la Boeing sta cercando un nuovo manager in grado di farla uscire dal tunnel e riportarla agli antichi splendori.

In borsa quest’anno le azioni del costruttore hanno perso almeno un terzo del loro valore, mentre il sito di prenotazioni online Kayak sostiene che l’uso della funzione con cui si possono evitare i voli dei 737 Max è aumentato di quindici volte. A causa di una serie impressionante di passi falsi, scrive il New York Magazine, la Boeing è passata dallo status di eccellenza mondiale del settore a simbolo di tutto ciò che non si deve fare quando si dirige un’azienda. Per esempio, affidare all’esterno parti di produzione molto delicate e mandare a casa lavoratori esperti pur di risparmiare e realizzare profitti nel più breve tempo possibile. Oppure comprare proprie azioni per favorirne il rialzo invece di investire nei prodotti.

Il tallone di Achille dell’azienda è stata proprio la continua ricerca del profitto a scapito della progettualità e degli investimenti di lungo periodo. L’origine di tutto, spiega la rivista statunitense, può essere fatta risalire al 1997, quando la Boeing comprò la concorrente McDonnell Douglas. Questa era guidata da Harry Stonecipher, un manager convinto che l’unico dovere di un’azienda fosse quello di massimizzare i profitti e far schizzare verso l’alto le azioni nel più breve tempo possibile, mettendo in secondo piano problemi come la tutela dell’ambiente, il benessere dei dipendenti o perfino la sostenibilità a lungo termine delle attività produttive.

Stonecipher diventò il nuovo amministratore delegato della Boeing, imponendo quelle idee, poi puntualmente adottate dai successori, tutti allievi del suo stesso maestro: il manager Jack Welch, a lungo alla guida della General Electric. Stonecipher pensò di risparmiare affidando all’esterno, per la prima volta nella storia della Boeing, la progettazione di alcuni componenti, un’idea disastrosa che produsse solo forti perdite.

Nel 2005 prese il suo posto James McNerney, che inaugurò il riacquisto di azioni proprie per far salire il valore del titolo in borsa invece di investire. McNerney rinunciò a progettare il successore del 737, preferendo sviluppare la versione aggiornata 737 Max, dotandola tra l’altro del famigerato software Mcas. Inoltre, aprì la prima linea di produzione non sindacalizzata e avviò un programma che spingeva i fornitori a tagliare i prezzi di almeno il 15 per cento. Nel 2015 fu la volta di Muilenberg, con cui l’azienda ha toccato probabilmente il fondo in seguito ai disastri del 2018 e del 2019.

A questo punto non si può che condividere la conclusione del New York Magazine: “Per salvarsi la Boeing dovrebbe cominciare a guardare al suo passato, nel senso che dovrebbe tornare a focalizzarsi sugli ingegneri, a formare dipendenti capaci, a trattenere quelli esperti, a investire nello sviluppo di nuovi aerei con l’uso delle tecnologie più avanzate”. Evitando quindi di pensare solo ai profitti immediati. E qualche passo in questa direzione dell’azienda sembra esserci: il 1 luglio è stato annunciato il riacquisto della Spirit Aerosystems, quella che ha costruito il portellone volato via a gennaio durante il volo dell’Alaska Airlines. La Spirit Aerosystems era stata ceduta dalla Boeing nel 2005 alla fine dell’era Stonecipher. Ora i dirigenti sono convinti che facendola tornare nel gruppo sarà più facile controllarne l’attività e migliorare la qualità e la sicurezza dei prodotti.

Questo testo è tratto dalla newsletter Economica.

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