Agoraé è un alimentari di Angers, città di 150mila abitanti nel nordovest della Francia. Non è un negozio qualunque: aperto nel settembre 2021, è gestito da universitari e offre a studenti in difficoltà cibo e prodotti per l’igiene a prezzi molto bassi (circa un decimo del normale). Agoraé non è neanche un’eccezione: piccoli supermercati solidali, ressourcerie (letteralmente “negozi delle risorse”, sono spazi per la raccolta e la vendita dell’usato), centri per il prestito di computer e chiavette internet o distributori di assorbenti igienici gratuiti stanno spuntando in varie università francesi.
In quella di Évry, città non molto grande dell’Île de France, ha aperto una sede dei Restos du cœur, una rete di associazioni che fornisce pasti e provviste alle persone bisognose. L’ateneo conta diecimila iscritti, e molti di loro vivono in condizioni precarie. Per questo quando funziona il servizio, ogni giovedì tra mezzogiorno e le quattro del pomeriggio, fuori della sede si forma una lunga coda. “Aiutiamo più di cinquecento studenti”, calcola Pierrette, una volontaria intervistata dal quotidiano Le Monde. “Sono soprattutto ragazzi e ragazze che superano di pochissimo i requisiti per ricevere i sussidi statali, e che quindi non hanno diritto a niente”. Come Charlotte, che frequenta il terzo anno di giurisprudenza e non può contare sul sostegno dei genitori. O Yara, al secondo anno di biologia, che ha perso il lavoro con cui si pagava gli studi.
All’università di Lille, oltre ai Restos du cœur, sono attivi anche l’organizzazione non governativa Secours populaire e la Croce rossa. “Esploriamo tutte le strade, qualsiasi tipo di aiuto è ben accetto”, dice Emeline Huart, referente dell’ateneo per l’assistenza sociale. “Se l’azienda che gestisce le mense nelle scuole elementari di una città vicina ci offre duecento pasti avanzati, li prendiamo”. “Non abbiamo grandi spazi da usare come magazzino”, continua Huart, “per cui operiamo sull’immediato, per esempio attraverso banchi alimentari temporanei”. All’inizio di novembre l’università ha anche coinvolto il personale in una donazione di vestiti, e insieme a un gruppo locale ha inaugurato una “biblioteca di oggetti”, per prestare agli studenti materiali e attrezzature che altrimenti non potrebbero permettersi.
In cerca di alloggi
Il problema più grosso, però, sono gli affitti, soprattutto nelle metropoli. A Bordeaux un monolocale di circa quindici metri quadrati costa 650 euro al mese: una cifra inarrivabile per molti giovani, spiega Marc Carrey, che dirige il centro per l’assistenza agli universitari della città. L’ateneo è riuscito a trovare un alloggio alla maggior parte di loro, grazie anche ad alcune organizzazioni. Ma tanti fanno fatica e le truffe sono continue. Mancano le strutture e il personale adeguati, dice Carrey. “Il numero di richieste per un sostegno pubblico è altissimo e i tempi per valutarle sono infiniti”.
Ci sono gli alloggi dei centri regionali per gli studenti (Crous), che hanno anche un coordinamento centrale. Ma a Lille, per esempio, questi studentati erano fatiscenti. Quando sono cominciati i lavori per ristrutturarli, circa mille ragazze e ragazzi sono rimasti senza un posto dove stare. A Lione, dall’inizio dell’anno accademico una trentina d’iscritti dell’università Lumière Lyon-2 sono ospiti dei loro insegnanti; altri assistono gli anziani che, in cambio, gli mettono a disposizione una stanza.
Attualmente in Francia gli studenti che possono contare su una borsa di studio perché hanno un reddito basso sono 750mila. Chi si trova in particolari difficoltà finanziarie può ottenere un aiuto straordinario, l’aide spécifique ponctuelle. Nella primavera del 2019 i giovani che hanno avuto questo contributo erano 6.400. Secondo un rapporto dell’Insee, l’istituto nazionale di statistica, nel marzo 2021 erano 11.700.
Le Monde ricorda che nel corso del suo mandato il presidente Emmanuel Macron aveva promesso più volte una revisione dei modi in cui sono assegnati i sussidi agli universitari. Ma tre mesi fa è stato smentito dal ministro dell’università, Frédérique Vidal, che ha definito “troppo complesso” intervenire su questo punto, lasciando il compito al futuro governo.
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