Il 20 dicembre, intorno alle 18, dovrebbe arrivare la sentenza del processo in cui il vicepresidente del consiglio e ministro dei trasporti italiano Matteo Salvini è accusato di rifiuto di atti di ufficio e sequestro di persona, per avere impedito nel 2019 a una nave umanitaria di attraccare in un porto italiano dopo il soccorso di 147 persone nel Mediterraneo centrale.

L’udienza, presieduta dai giudici della seconda sezione del tribunale di Palermo Roberto Murgia, Andrea Innocenti e Elisabetta Villa, si svolge nell’aula bunker del carcere Pagliarelli di Palermo e si è aperta intorno alle 10. Il processo è durato tre anni e le udienze sono state 24, 27 le parti civili, 45 i testimoni ascoltati.

Entrando in tribunale, Salvini ha detto che per lui è una bella giornata: “Sono assolutamente orgoglioso di quello che ho fatto. Ho mantenuto le promesse fatte, ho contrastato le immigrazioni di massa e qualunque sia la sentenza, per me oggi è una bella giornata perché sono fiero di aver difeso il mio paese. Rifarei tutto quello che ho fatto e entro in questa aula orgoglioso del mio lavoro”.

In tribunale è arrivato anche Oscar Camps, fondatore dell’ong spagnola Open Arms, che si è costituita parte civile. “Sulla Open Arms c’era un carico di umanità dolente, la nave si trovava in condizioni meteorologiche difficili”, ha detto l’avvocato Arturo Salerni, che rappresenta l’ong Open Arms. “Di fronte a queste persone sguarnite di ogni difesa e ammassate nel caldo agostano, la pubblica autorità con il suo vertice, al di fuori di ogni previsione normativa, decise di privare della libertà le persone che si trovavano in quella condizione”, ha aggiunto Salerni. All’udienza sono presenti in solidarietà a Salvini anche il ministro dell’istruzione Giuseppe Valditara e i sottosegretari Alessandro Morelli e Claudio Durigon.

Prima che i giudici si chiudessero nella camera di consiglio, i pubblici ministeri hanno ottenuto di replicare all’intervento della difesa di Salvini, fatto all’ultima udienza, il 18 ottobre. Ha preso la parola Marzia Sabella, una delle pm, dicendo: “In questo processo si discute della libertà di un gruppo di persone, libertà che fu privata impedendo lo sbarco”. E aggiungendo: “Il caso Open Arms è diverso dagli altri”. Ha preso la parola anche l’avvocata della difesa Giulia Bongiorno, che ha parlato di errori commessi dalla procura.

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Il 14 settembre la procura di Palermo ha chiesto una pena molto severa, sei anni di reclusione, per l’attuale vicepremier e ministro dei trasporti, accusato di sequestro di persona plurimo, omissione e rifiuto di atti d’ufficio nel caso Open Arms.

Nell’agosto 2019 Salvini aveva impedito alla nave della ong spagnola che aveva soccorso 147 migranti nel mare Mediterraneo in tre diverse operazioni di attraccare in Italia e l’aveva lasciata al largo per venti giorni. I fatti sono avvenuti subito prima della fine del governo cosiddetto giallo-verde, formato dal Movimento 5 stelle e dalla Lega, e guidato dall’attuale leader dei cinquestelle Giuseppe Conte.

Nella requisitoria finale i pubblici ministeri di Palermo Marzia Sabella, Calogero Ferrara e Giorgia Righi hanno ripercorso le vicende avvenute dal 1 al 21 agosto 2019, affermando che “i diritti dell’uomo vengono prima della difesa dei confini”. Per l’accusa, infatti, non concedere il porto sicuro alle persone migranti è stato addirittura un “iter criminoso”. I pm hanno ribaltato la formula “difesa dei confini”, usata dallo stesso Salvini per giustificare la sua condotta, parlando di “confini del diritto” e di diritti fondamentali come limite all’azione del potere esecutivo.

Il caso contro Salvini era stato aperto dal tribunale dei ministri di Palermo, che aveva chiesto al senato nel marzo 2020 l’autorizzazione a procedere contro il ministro e leader della Lega. L’ex ministro dell’interno era accusato di aver privato della libertà i migranti, tra cui diversi minori, a bordo della nave Open Arms, abusando del suo potere e violando una serie di leggi internazionali. Secondo il tribunale dei ministri Salvini avrebbe agito in autonomia, in contrasto con l’allora presidente del consiglio Conte.

I giudici avevano allegato alla richiesta di autorizzazione un carteggio tra Conte e Salvini, mostrando che il presidente del consiglio “il 16 agosto rispondeva a una missiva del ministro Salvini, ribadendo con forza la necessità di autorizzare lo sbarco immediato dei minori presenti a bordo della Open Arms, anche alla luce della presenza della nave al limite delle acque territoriali (in effetti vi aveva già fatto ingresso) e potendo, dunque, configurare l’eventuale rifiuto un’ipotesi di illegittimo respingimento aggiungeva di aver già ricevuto conferma dalla Commissione europea della disponibilità di una pluralità di stati a condividere gli oneri dell’ospitalità dei migranti della Open Arms, indipendentemente dalla loro età. Invitava, dunque, il ministro dell’interno ad attivare le procedure, già attuate in altri casi consimili, finalizzate a rendere operativa la redistribuzione”. Matteo Salvini è stato rinviato a giudizio nell’aprile del 2021.

Il caso Open Arms, dall’inizio

La vicenda risale all’agosto 2019, quando l’allora ministro dell’interno ha impedito per 19 giorni alla nave Open arms di attraccare nel porto di Lampedusa in base al cosiddetto decreto sicurezza bis, approvato qualche settimana prima.

Sul caso si era espresso anche il tribunale amministrativo del Lazio (Tar) il 14 agosto 2019, rispondendo a un ricorso presentato dall’ong spagnola. Il Tar aveva sospeso il decreto che impediva alla nave di entrare in acque territoriali italiane, riconoscendo “un eccesso di potere per travisamento dei fatti e di violazione delle norme di diritto internazionale del mare in materia di soccorso”. Il Tar aveva inoltre sostenuto che il soccorso era avvenuto in condizioni “di eccezionale gravità e urgenza”.

Nonostante la decisione del tribunale del Lazio, il ministro dell’interno ha firmato un nuovo decreto per impedire l’ingresso dell’imbarcazione nel porto di Lampedusa, ma i ministri della difesa e dei trasporti (Trenta e Toninelli) a quel punto si sono rifiutati di firmarlo. La nave, tuttavia, ha attraccato a Lampedusa solo il 20 agosto, dopo diversi ricorsi presentati dall’ong alla procura di Agrigento e al tribunale dei minori. È stato decisivo l’intervento del procuratore di Agrigento Luigi Patronaggio, che dopo essere salito a bordo ha deciso di disporre lo sbarco e il sequestro preventivo della nave, ipotizzando il reato di omissione di atti d’ufficio.

Nel decreto di sequestro preventivo, Patronaggio aveva ricordato quali sono le normative internazionali sottoscritte dall’Italia che regolano il soccorso in mare. “L’obbligo di salvataggio delle vite in mare costituisce un dovere degli stati e prevale sulle norme e sugli accordi bilaterali, finalizzati al contrasto dell’immigrazione irregolare”, aveva scritto.

Negli ultimi giorni di stallo la situazione a bordo della nave era degenerata: molti naufraghi avevano cominciato a gettarsi in mare per raggiungere la terraferma a nuoto, esasperati dall’attesa. È stata, dunque, la procura di Agrigento ad aprire l’azione giudiziaria contro il ministro dell’interno Salvini nell’agosto 2019, per poi passare la competenza al tribunale di Palermo, perché il reato riguardava un ministro ed era necessario chiedere l’autorizzazione a procedere al senato. Il comune di Barcellona, il capitano della nave Marc Reig, l’ong e altre organizzazioni umanitarie e alcuni migranti coinvolti nel caso si sono costituiti parte civile nel procedimento.

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