Negli ultimi giorni ci sono state in Israele diverse proteste degli ebrei ultraortodossi, contrari alla sentenza della corte suprema che il 25 giugno ha ordinato di arruolare gli studenti delle yeshiva, le scuole religiose, finora esentati dal servizio militare. Migliaia di uomini e ragazzi vestiti di nero sono scesi in strada a Mea Shearim, uno dei più antichi quartieri ebraici di Gerusalemme e il cuore della comunità ultraortodossa, e in alcuni casi si sono scontrati con la polizia.

I manifestanti hanno spiegato alla giornalista della Bbc Yolande Knell di temere che la sentenza della corte suprema possa mettere a rischio il loro stile di vita. Gli haredim (haredi al singolare, il termine ebraico per indicare gli ultraortodossi) sono convinti che le loro preghiere e le loro conoscenze spirituali sono quello che protegge Israele e il popolo ebraico.

Come illustra Al Jazeera in un approfondimento, gli haredim sono la setta più rigidamente osservante dell’ebraismo e si isolano dal resto della società per dedicarsi alla preghiera e alla liturgia. Hanno un abbigliamento particolare: le donne indossano abiti lunghi e semplici e si coprono il capo, gli uomini portano completi e soprabiti neri con grandi cappelli.

Le origini del movimento risalgono all’ottocento in Europa, come reazione alla modernizzazione del mondo. Prima della nascita dello stato d’Israele fu introdotta un’esenzione chiamata torato umanuto (lo studio della Torah è il suo lavoro), in base alla quale un piccolo numero di giovani potevano evitare la leva obbligatoria dedicandosi allo studio dei testi sacri dell’ebraismo nelle yeshiva. Inizialmente la comunità rappresentava un’esigua minoranza in Israele, ma ora si è allargata arrivando a contare un milione di persone e a costituire quasi il tredici per cento della popolazione. Le donne ultraortodosse hanno in media 6,5 figli, contro i 2,5 delle ebree israeliane, e un bambino su quattro è ultraortodosso.

Oggi più di 60mila ultraortodossi sono registrati come studenti delle yeshiva e sono esentati dalla leva militare. La sentenza della settimana scorsa ha stabilito che tremila componenti della comunità dovranno essere arruolati, oltre ai circa 1.500 già presenti nell’esercito. Il parlamento intanto sta esaminando un progetto di legge per introdurre gradualmente la leva obbligatoria anche per gli altri.

La questione è stata a lungo causa di tensioni con gli ebrei israeliani laici, la maggior parte dei quali svolge il servizio militare obbligatorio (32 mesi per gli uomini e 24 per le donne) e paga tasse sei volte più alte rispetto agli ultraortodossi. Ma è diventata più urgente di fronte alle necessità dell’esercito israeliano, impegnato nella sua offensiva nella Striscia di Gaza e con la prospettiva di un nuovo fronte di guerra con Hezbollah al confine con il Libano. I partiti ultraortodossi sono sempre stati determinanti nella politica israeliana: hanno garantito il loro sostegno a vari governi guidati da Benjamin Netanyahu in cambio dell’esenzione dal servizio militare e di centinaia di milioni di dollari alle loro istituzioni.

Alcuni osservatori sottolineano che i princìpi della comunità haredim sono in contraddizione con quelli dell’esercito. Dovranno essere introdotti degli accorgimenti, come istituire unità per soli uomini e fare in modo che i soldati ultraortodossi non entrino in contatto con le donne, abbiano a disposizione orari prolungati per le preghiere e alloggi che rispettino il loro stile di vita. Non può sfuggire infine una contraddizione fondamentale: molti ultraortodossi sono antisionisti, perché credono che lo stato di Israele possa essere istituito solo dopo l’arrivo del messia e che quindi qualunque altro tipo di sovranità ebraica sia una blasfemia. Alcuni di loro sono addirittura sostenitori della causa palestinese.

Questo testo è tratto dalla newsletter Mediorientale.

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