Nella Repubblica Democratica del Congo le elezioni presidenziali del 20 dicembre sembrano un po’ più vicine. In questi giorni sono state depositate le prime candidature, con il presidente uscente Félix Tshisekedi che si presenta per un secondo mandato e il suo sfidante alle elezioni del 2018, Martin Fayulu, che prova a strappargli l’incarico. Il 4 ottobre ha depositato la sua candidatura anche Moise Katumbi, ricchissimo imprenditore ed ex governatore della regione mineraria del Katanga. Ma è stato un altro a rubare la scena: Denis Mukwege, il ginecologo congolese che nel 2018 ha vinto il premio Nobel per la pace insieme alla yazida Nadia Mourad, ha annunciato il 2 ottobre di volersi candidare alla presidenza.
Mukwege è spesso definito l’“uomo che ripara le donne”, una frase ripresa dal titolo della biografia di Mukwege scritta dalla giornalista belga Colette Braeckman. Questa etichetta gli è rimasta incollata addosso indelebilmente, soprattutto dopo l’assegnazione del premio Nobel per la pace in riconoscimento del suo impegno per le vittime di stupri in contesti di guerra. Ora lo stesso Mukwege rivendica l’appellativo e lo usa per dire che vuole “riparare il Congo”, come ha dichiarato all’annuncio ufficiale della sua candidatura presidenziale.
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Il medico di 68 anni ha detto di volersi mettere al servizio dei più sofferenti, di voler proporre alle donne delle “cure olistiche” per tutti i loro dolori e le loro ferite, estendendo ad altri campi le competenze acquisite nei lunghi anni di lavoro all’ospedale di Panzi, da lui fondato nel 1992 per curare le vittime degli stupri e che oggi impiega più di mille persone.
Mukwege ha parlato in swahili, la lingua dell’est, in lingala, la lingua di Kinshasa, e in francese, racconta Braeckman in un articolo su Le Soir. Ha ringraziato i suoi connazionali e, soprattutto, le sue connazionali che l’hanno spinto a impegnarsi in politica e a raccogliere per lui la somma di centomila dollari necessaria per depositare la candidatura.
A proposito della Rdc, Mukwege ha parlato di una “crisi esistenziale senza precedenti” per un paese vittima della rapacità degli stranieri. Ha evocato anche l’immagine di un paese dall’immenso potenziale agricolo e dai lunghi fiumi, che però è costretto a importare derrate alimentari e che resta spesso senz’acqua. Senza contare l’onnipresente minaccia dei gruppi armati nelle province dell’est.
“È innegabile che la Rdc sia malata. È contagiata da decenni da un male che non passa. Anzi, sotto certi aspetti, peggiora. Allora che fare? Abbiamo provato davvero tutto?”, ironizza il sito congolese Forum des As, commentando la candidatura del medico. “Oggi Mukwege si propone di ‘riparare’ questo paese grande come un continente. Per il direttore dell’ospedale di Panzi non c’è un minuto da perdere”.
Mukwege riassume in sé tutte le caratteristiche del candidato ideale, sottolinea la stampa congolese: viene dalla società civile, ha una reputazione specchiata, è conosciuto e apprezzato a livello internazionale, è di riconosciuta integrità. Ma per lui si presentano comunque delle sfide: in politica è un novellino, non ha il supporto di un partito strutturato e non ha una vera base nazionale. A soli tre mesi dal voto, ha poco tempo per fare campagna elettorale.
“È vero che per il generale francese Charles de Gaulle, noto per la sua avversione ai partiti, le elezioni presidenziali erano l’‘incontro di un uomo e di un popolo’. Ma non è questa l’esperienza dei nostri giorni”, riflette il giornale burkinabé L’Observateur Paalga. “Mukwege sarà l’eccezione?”.
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