Camminano tra noi, dotati di un superpotere invisibile all’occhio nudo. Prima di un appuntamento importante, in programma la mattina presto, non devono mai rinunciare alla doccia per ripiegare sullo shampoo secco e le salviettine per bambini.

Non si svegliano mai di soprassalto alle dieci del mattino, ritrovandosi tra le mani il telefono con cinque chiamate senza risposta e un messaggio del tipo: “Sei per strada? A che ora pensi di arrivare?”.

Sono le persone che per natura si svegliano presto. E non presto nel senso delle otto del mattino. Il loro corpo si attiva automaticamente alle 5.30, o anche prima. Alcuni si alzano quando gli altri si preparano ad andare a letto. Adesso, una ricerca condotta nel decennio in corso indica che i supermattinieri potrebbero essere più numerosi di quanto si pensi.

Louis J. Ptáček, professore di neurologia presso la scuola di medicina di San Francisco dell’università della California, ha deciso di studiare questa categoria di persone vent’anni fa, dopo che uno dei suoi colleghi gli aveva presentato una donna di 69 anni che si svegliava regolarmente all’una o alle due di notte. Con l’invecchiamento molte persone tendono a svegliarsi sempre prima, ma la donna in questione era sempre stata mattiniera, e a trent’anni si alzava comunque alle quattro del mattino.

Per il suo studio, pubblicato di recente sulla rivista Sleep, Ptáček ha collaborato con Christopher Jones, neurologo dell’università dell’Utah che gestiva una clinica del sonno. Jones curava soprattutto pazienti affetti da apnea notturna o disturbi del sonno. Nel corso di dieci anni Jones ha rivolto a 2.422 pazienti una serie di domande come: “Se dovessi sostenere un esame domani, quale sarebbe l’orario migliore?” oppure “Qual è per te l’orario migliore per fare esercizio fisico?”.

I mattinieri si svegliano più serenamente degli altri e non passano il fine settimana a recuperare il sonno perduto

Ai pazienti che hanno indicato gli orari più mattinieri è stato chiesto se per loro fosse normale svegliarsi alle 5.30. In totale otto pazienti, uno ogni trecento, hanno risposto affermativamente. In cinque casi questa cosiddetta fase di sonno prematura aveva caratteristiche genetiche, nel senso che avevano diversi parenti abituati a svegliarsi molto presto.

Ptáček è convinto che il suo studio sia unico, perché dimostra che la fase di sonno prematura “non è rara e diventa un problema solo se la persona la considera tale”. Insieme ai suoi coautori, Ptáček ha scoperto che esistono molti vantaggi per i mattinieri: si svegliano più serenamente degli altri e non passano il fine settimana a recuperare il sonno perduto. C’è anche la possibilità che siano più sani dei nottambuli, ai quali sono associati alcuni disturbi come il diabete di tipo due e le malattie cardiache.

Benedizione relativa
Inoltre i mattinieri beneficiano della convinzione diffusa secondo cui chi si sveglia presto è una persona efficace, mentre alzarsi tardi è sinonimo di pigrizia. In realtà non è del tutto vero: molti nottambuli si svegliano a mezzogiorno e lavorano fino alle due di notte, proprio quando i mattinieri più estremi si alzano dal letto e cominciano a preparare il caffè. Lo stereotipo, comunque, è difficile da cancellare.

In ogni caso svegliarsi prestissimo non sempre è una benedizione. I mattinieri non sono esattamente l’anima delle feste. Secondo lo studio sul sonno, infatti, tendono a coricarsi prima delle otto e mezza di sera.

Le persone che non apprezzano i propri ritmi di sonno possono provare a modificarli assumendo melatonina

Sabra Margaret Abbott, neurologa dell’università Northwestern (non coinvolta nello studio), spiega che alcuni pazienti sentono che la loro fase ideale di sonno sarebbe dalle sette di sera alle tre di notte, ma raramente riescono a dormire prima delle dieci di sera a causa delle necessità lavorative e familiari. “Tuttavia si svegliano comunque alle tre di notte, e il giorno successivo soffrono per la carenza di sonno”, mi ha spiegato in un’email.

Abbott ha aggiunto che le persone che non apprezzano i loro naturali ritmi di sonno possono provare a modificarli assumendo melatonina, un ormone del sonno, e usando “la luce in modo strategico”.

Ptáček mi ha raccontato che la donna di 69 anni incontrata vent’anni fa non avrebbe voluto essere così mattiniera. Si alzava quando faceva ancora freddo ed era buio, senza trovare nessun altro sveglio. Per questo aveva cominciato a soffrire di depressione. Uno dei suoi parenti, invece, era un uomo d’affari di successo che amava la sua fase di sonno prematura. “Alzandosi presto si sentiva un uomo virtuoso”, riferisce Ptáček. Si esercitava in una palestra aperta 24 ore al giorno, alle 3.30 o alle quattro del mattino.

Lo studio di Ptáček presenta alcuni limiti. Dato che i due ricercatori hanno condotto la loro analisi in una clinica del sonno, la maggior parte dei soggetti era affetta da apnea notturna. Ptáček sostiene che la presenza o l’assenza dell’apnea notturna non influisca sulla possibilità di essere mattinieri o nottambuli, ma Abbott e altri esperti che ho consultato non sono sicuri che i dati raccolti siano applicabili alla popolazione complessiva. Inoltre il numero totale di pazienti con una fase di sonno prematura è piuttosto ridotto (otto in tutto), dunque è difficile individuare tendenze valide al di fuori del campione.

In ogni caso, secondo Ptáček lo scopo dello studio era anche quello di far riflettere le persone “sul fatto che siamo tutti diversi e che i nostri geni determinano in parte ciò che siamo. Ciò che è buono per te può essere diverso da ciò che è buono per me. Le persone tendono a confrontare tutto rispetto a una media, ma… non possiamo imporre la media a tutti”.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

Questo articolo è uscito su The Atlantic. Leggi la versione originale. © 2019. Tutti i diritti riservati. Distribuito da Tribune Content Agency.

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