Si può essere d’accordo o meno con le sue convinzioni, ma di sicuro bisogna riconoscere ad Alexej Navalnyj una buona dose di coraggio. Cinque mesi fa l’oppositore di Vladimir Putin ha rischiato di morire a causa di un avvelenamento di cui è stato accusato il Cremlino. Dopo essere stato curato in Germania, ha deciso di tornare a Mosca, ovvero nella tana del lupo.
Quello di Navalnyj nella capitale russa è stato un arresto annunciato. A suo carico, infatti, c’era un mandato di cattura per aver violato la libertà vigilata che aveva ottenuto in altro procedimento: Navalnyj adesso è accusato di non essersi presentato in commissariato mentre era in ospedale in Germania, avvelenato da agenti russi. Una vicenda kafkiana.
Il suo ritorno, in compagnia della moglie Julija e di decine di giornalisti, la sera del 17 gennaio, si è concluso come previsto. L’arresto è stato ripreso in diretta e trasmesso in streaming in tutto il mondo. Navalnyj è stato fermato dalle stesse persone che hanno cercato di ucciderlo.
Dimensione sacrificale
L’oppositore ha sempre rifiutato la possibilità dell’esilio perché secondo lui equivarrebbe alla sua morte politica. È per questo che Navalnyj non perdona Michail Khodorkovskij, ex oligarca che nel 2003 aveva sfidato Putin e che dopo aver trascorso dieci anni in prigione era stato autorizzato a lasciare la Russia. Khodorkovskij ha tentato di combattere Putin dall’estero, ma il suo impatto in Russia è impercettibile.
Per Navalnyj, ex avvocato di 44 anni diventato uomo di punta dell’opposizione, c’è una dimensione sacrificale nell’impegno politico in un paese come la Russia. L’oppositore è stato vittima di innumerevoli arresti, di un attentato con l’acido che ha rischiato di renderlo cieco e infine del tentato omicidio con il Novichok, un’arma chimica prodotta dallo stato russo. Secondo le indagini l’attentato sarebbe stato messo in atto da agenti dei servizi segreti.
Il Cremlino confida che in patria la notizia dell’arresto sia meno rilevante che nel resto del mondo
La vicenda di Navalnyj ricalca quella di molti oppositori, da Boris Nemtsov, assassinato nel 2015 a poche decine di metri dal Cremlino, ad Anna Politkovskaja, uccisa nel 2006 nell’ascensore del suo palazzo moscovita. Navanlyj conosce i rischi della situazione, ma ha comunque deciso di rientrare in Russia. Il Cremlino confida che in patria la notizia dell’arresto abbia una rilevanza molto minore rispetto alla grande attenzione internazionale.
Navalnyj si è fatto conoscere come blogger anticorruzione e rivelando diversi affari legati al Cremlino sul suo canale YouTube, ma le sue ambizioni politiche si scontrano con uno stato autoritario onnipotente. Il sostegno di cui gode si limita ai giovani delle grandi città.
Non è un caso se il tentativo di omicidio di cui è stato vittima si è verificato mentre portava avanti la sua campagna per le elezioni municipali in Siberia, dove la popolazione è scesa in piazza per sostenere un governo destituito arbitrariamente. La situazione era molto pericolosa. Se Navalnyj sarà condannato, il suo diventerà un caso internazionale, il primo per la presidenza Biden. Il destino di Navalnyj, insomma, rischia di innescare la prima crisi internazionale tra la nuova amministrazione statunitense e la Russia di Putin.
(Traduzione di Andrea Sparacino)
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