Il nome carciofo, da al kharshuf, indica un’origine araba. Furono però gli italiani a sviluppare le varietà che si diffusero in Europa e arrivarono fino all’Inghilterra, dove John Evelyn, scrittore del diciassettesimo secolo esperto di giardinaggio, li definì cardi nobili.
Se siete abituati a bollire i carciofi interi per poi strappare foglia dopo foglia addentandoli fino al gambo, il primo impatto con lo stile (tipicamente genuino) dei romani nel cucinare il loro ortaggio preferito è un vero shock.
Prima di tutto lo puliscono strappando via le foglie più dure, producendo uno schiocchio simile a quello del dorso di un grosso libro aperto di scatto. Poi lo incidono con un coltellino in senso circolare per togliere le punte più dure dei petali. Il carciofo si riduce di circa metà del suo volume, assumendo una forma più simile a quella di una pigna piuttosto che di un cardo: uno stile più da skinhead che da soggetto di un’elegante natura morta. Puliscono anche il gambo, asportando le parti più esterne e dure come fa un bambino che gioca a scortecciare un bastoncino, finché non ne rimane altro che un cuore tenero e chiaro come quello del sedano. Certamente il carciofo, soprattutto quello romanesco o cimarolo che viene ridotto alle dimensioni di una palla da cricket, subisce un trattamento drastico, ma per una valida ragione. Pulendo – o per dirla alla romana capando – i carciofi in questo modo, si eliminano tutte le parti non commestibili e anche il bisogno di ciancicare – mordere – e sputare le parti troppo dure, perché tutto ciò che rimane è pronto da mangiare.
Il carciofo alla romana e quello alla giudia: ecco due buoni motivi per visitare Roma
Anche se il loro aspetto non è accattivante come quello dei carciofi bolliti interi e poi serviti in un piatto, con i loro bei petali appuntiti che attendono di essere inondati di vinaigrette, i carciofi già puliti hanno un fascino tutto loro. Ancora di più se cucinati seguendo la ricetta romana secondo cui, dopo averne riempito la cima di menta e aglio, i carciofi vengono stufati a testa in giù finché non prendono un colorito verde intenso simile al petrolio e una morbidezza tale da poterli mangiare con il cucchiaio. Oppure i carciofi alla giudia, di tradizione ebraica, che vengono fritti interi fino a farli diventare simili a girasoli di bronzo e poi divorati assaporando ogni petalo croccante fino a raggiungere il premio finale: il cuore vellutato con il suo sapore che è a metà tra il fungo e il tartufo con una nota dolce.
Il carciofo alla romana e quello alla giudia: ecco due buoni motivi per visitare Roma all’inizio della primavera, quando ogni mercato, supermercato, negozietto e furgone si riempie di casse di questi carciofi dal colore violaceo con screziature di blu, e ogni trattoria – indipendentemente dalla qualità della sua cucina – offre vagonate di carciofi cucinati in ogni modo.
Come succede quando si prova per la prima volta a tagliarsi i capelli a spazzola da soli, la prima volta che si pulisce un carciofo di solito il risultato è un taglio piuttosto sbilenco e malfatto nel migliore dei casi, un vero massacro se le cose vanno male. E allora cominci a pulirlo sempre di più nella speranza di riuscire a dargli la giusta forma fino a che, a un certo punto, ti rendi conto di aver riempito il lavello della cucina di scarti e che a te è rimasto solo un povero moncherino. E c’è dell’altro: non importa quanto li strofiniate con il limone: la polpa dei carciofi, a contatto con l’aria, si ossida e diventa marrone esattamente come le vostre dita.
Ecco perché questa ricetta è l’ideale: infatti i carciofi dopo essere stati tagliati e fatti stufare sono trasformati in una delicata cremina color verde oliva per condire la pasta. Cotti nei loro stessi vapori i carciofi, e questo vale per la maggior parte delle verdure, sprigionano tutto il loro sapore e assumono una consistenza morbida e vellutata.
Servite con pecorino e, se volete, guarnite con un altro carciofo fatto a fettine e fritto in olio di oliva.
Pasta con carciofi e pecorino
Dosi per 4 persone
- 4 carciofi grandi
- 1 limone
- 1 cipolla sbucciata e affettata
- 6 cucchiai di olio extravergine di oliva, più quello necessario per friggere il carciofo di guarnizione
- 1 spicchio di aglio sbucciato e tritato finemente
- Sale
- Vino bianco
- Pepe nero
- 400 g di pasta – casarecce, fusilli o penne
- 50 g di pecorino grattugiato
- Pulite i carciofi afferrando le foglie più esterne e tirandole verso il basso per spezzarle e strapparle. Poi, usando un coltello ben affilato, asportate le parti verdi esterne più fibrose dello stelo e della base. Nel frattempo, strofinate bene i carciofi con il limone.
- Prendete tre carciofi, tagliateli in otto spicchi ciascuno e metteteli insieme al rimanente carciofo intero in una ciotola d’acqua con una spruzzata di limone.
- Mettete a bollire una pentola d’acqua piuttosto grande per la pasta.
- In una padella fonda o un tegame con coperchio, fate soffriggere la cipolla finché non sarà imbiondita. Aggiungete allora l’aglio, mescolate e poi unite gli spicchi di carciofo tenuti in ammollo e un pizzico di sale. Continuate a mescolare fino a quando i carciofi non avranno un aspetto lucido e brillante. Aggiungete un bicchiere di vino bianco, coprite con il coperchio e cuocete a fiamma bassa per circa mezz’ora, o fino a ottenere la giusta morbidezza. Aggiungete altro vino o acqua qualora i carciofi si asciugassero troppo.
- Togliete dalla padella la metà dei carciofi, riduceteli in crema e poi versateli nuovamente in padella. Aggiungete un po’ di sale, se volete, e un pizzico di pepe nero macinato.
- Tagliate i carciofi rimanenti a fettine e friggeteli in olio di oliva finché non sono dorati e croccanti. Scolateli con una schiumarola e adagiateli su un canavaccio.
- Salate l’acqua di cottura e buttate la pasta, cuocendola al dente. Una volta pronta, scolate la pasta avendo cura di conservare parte della sua acqua di cottura.
- Versate la pasta nella crema di carciofi, spolverate con metà del pecorino direttamente in padella, un mestolo di acqua di cottura e amalgamate il tutto. Fate poi le porzioni guarnendo ogni piatto con il restante pecorino e una manciata di fettine di carciofo fritto.
(Traduzione di Maria Chiara Benini)
Questo articolo è stato pubblicato dal quotidiano britannico The Guardian.
Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it