Lo scorso luglio, quando vivevo a Montréal, in Canada, sullo schermo del mio telefono è spuntata una notifica con un messaggio d’allerta della Canada’s environmental agency accompagnata da un allarme squillante. Aveva piovuto molto nel pomeriggio e si stava alzando il vento. L’allerta metteva in guardia da un fenomeno peggiore, quello delle trombe marine – che sono “spesso avvolte dalla pioggia e poco visibili” – ed esortava a “cercare immediatamente riparo in caso di pericolo”.

Ho guardato fuori. Il vento soffiava più forte e il cielo era di un grigio strano. Il segnale radio andava e veniva. Ho bussato agli inquilini del piano terra per rifugiarmi da loro. Il tornado ha risparmiato Montréal, abbattendosi a una cinquantina di chilometri a nordest dalla città. Ma la notifica ha funzionato: abbiamo adottato delle misure per proteggerci.

Ho fatto uno screenshot del messaggio: è un ricordo di questo momento in cui il clima è sempre più estremo. Il cambiamento climatico è qui, e queste sono le emergenze che porta con sé. Ogni allerta segnala il ridursi della distanza con il futuro da cui gli scienziati ci hanno messo in guardia.

A giugno ho ricevuto un’altra notifica, mentre ero in un’altra città: “Ondata di calore a New York City: si prega di prendere precauzioni”. Questa volta proveniva da un’app di monitoraggio sulla qualità dell’aria che avevo scaricato, non da agenzie governative. Un collega ne ha ricevuta una simile da parte del National weather service attraverso Alexa. L’allerta lo avvisava del peggioramento della qualità dell’aria dovuto all’ozono che si forma comunemente nelle città surriscaldate. Abbiamo entrambi fatto uno screenshot dei messaggi ricevuti.

Per il momento sono ancora una novità, ma con l’avanzare del cambiamento climatico e il moltiplicarsi degli eventi estremi queste notifiche saranno sempre più comuni. Con il tempo certi eventi meteorologici estremi legati al clima potrebbero diventare così ripetitivi che i pericoli che pongono – anche se non meno inquietanti – cesseranno di essere percepiti come eccezionali. Questa tendenza degli esseri umani è a volte chiamata shifting baseline syndrome. Chi si occupa di gestione delle emergenze la chiama alert fatigue (stress da allerte), e potrebbe diventare uno dei maggiori problemi del settore con l’aumentare dei disastri climatici.

Alcune notifiche d’allerta provengono da app private ma il mio telefono, come molti altri, è connesso all’U.S. wireless emergency alert system. Il sistema è amministrato dal Fema (Ente federale per la gestione delle emergenze), ma i responsabili delle emergenze a livello federale, statale e locale possono usarlo per diffondere un messaggio sui telefoni virtualmente di chiunque in un’area specifica. Questo servizio può salvare delle vite, ma la sua efficacia è minacciata dalle storture burocratiche e dalla capacità umana di normalizzare pressoché ogni cosa.

Jeannette Sutton, una sociologa che si occupa di allerte e notifiche al College of emergency preparedness dell’università di Albany, mi ha detto che lo stress da allerte è probabilmente alimentato da un cattivo uso del sistema. È una sorta di far west, con avvisi formulati o indirizzati male, e inviati troppo spesso. Per esempio, Sutton crede che il sistema non dovrebbe essere usato per segnalare le modifiche alla rete stradale – “A meno che non si tratti di un ponte crollato” – né per avvisi su minori scomparsi o notifiche simili, se non nell’area geografica esatta in cui si presume che possa trovarsi la persona scomparsa. Il Texas, per esempio, usa il sistema per notificare le interruzioni stradali, ha detto Sutton, e diffonde in tutto lo stato gli avvisi sui minori scomparsi, anche se chi li riceve spesso è troppo lontano per fare qualsiasi cosa (il Texas è uno stato molto grande). Questo genera un senso di paralisi e distacco. Gli avvisi sono rumorosi e insistenti, e i texani potrebbero decidere di ignorarli del tutto.

Sutton forma i soccorritori per quanto riguarda la comunicazione e gestisce un sito web in cui rivede in dettaglio i messaggi d’allerta. Per esempio, un recente avviso su un incendio nella contea di Maricopa, in Arizona, era così intriso di gergo tecnico che una persona comune avrebbe potuto non capire se l’area doveva essere evacuata o no, ha detto. Un buon avviso dovrebbe possedere almeno tre caratteristiche di base: definire con chiarezza la località interessata, le misure necessarie a proteggersi e i tempi entro cui è necessario agire. Spesso invece una o più di queste caratteristiche manca. Ho ripensato al messaggio che ho ricevuto durante l’ondata di caldo a New York: “Prendere precauzioni”. Sì, ma quali?

Al contrario, un avviso d’allerta ben formulato mandato ai californiani durante un’ondata di caldo del 2022 è stato un grande successo: esortava le persone a risparmiare elettricità, cosa che è avvenuta, prevenendo i blackout dovuti al caldo, potenzialmente letali per le persone vulnerabili private dell’aria condizionata o dell’accesso agli ascensori.

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In ogni caso, anche con i migliori messaggi, certe emergenze climatiche – tra cui le ondate di calore – continuano a presentare un insidioso problema di comunicazione. Le persone devono essere avvisate dei rischi, ma se quei rischi durano giorni o settimane, o si ripetono ogni mese, subentra lo stress da allerte. “Mantenere uno stato d’allerta costante non è salutare per noi”, ha detto Sutton. “Perciò, con quale frequenza si deve dire alle persone che fa caldo e che continuerà a farlo?”. Sutton e i suoi colleghi stanno conducendo dei sondaggi lungo la costa ovest degli Stati Uniti per capire quante persone hanno abbandonato il Wireless emergency alert system e quale avviso è stato per loro l’ultima goccia.

Capirlo è di particolare importanza per la California e per altri stati della costa ovest, che utilizzano questo sistema per inviare gli ordini d’evacuazione durante gli incendi. Anche gli avvisi della U.S. geological survey che mettono in guardia sui terremoti sono diffusi attraverso lo stesso canale.

Alcune agenzie sono consapevoli della possibilità di esagerare nell’uso di questi sistemi. Dal 2012 il National weather service (Nws, servizio meteorologico nazionale) ha inviato circa 69mila notifiche di allerta ai telefoni delle persone per avvertirle di condizioni meteorologiche pericolose nella loro area. L’agenzia afferma di non avere ancora un’analisi statistica completa per determinare se la frequenza degli avvisi è aumentata negli ultimi anni, ma sta affinando le proprie strategie per assicurarsi che i messaggi arrivino solo in caso di minaccia alta. “Per esempio, ora possiamo mandare notifiche di allerta solo per temporali particolarmente violenti”, ha scritto in un’email Chris Maier, meteorologo che fa parte dell’Nws.

Un altro problema per gli avvisi d’emergenza è il declino di X (Twitter) come strumento di comunicazione efficace. In passato era un modo affidabile per restare informati sulle situazioni in rapido cambiamento e permetteva alle autorità di diffondere aggiornamenti in tempo reale. Le istituzioni non possono inviare notifiche d’allerta di continuo, ma possono twittare aggiornamenti cruciali per i loro follower. Ora, però, X è diventato un caos di disinformazione e ha più volte limitato la pubblicazione automatica dei contenuti da parte di alcuni account istituzionali.

Le notifiche sulle allerte climatiche sono la nostra nuova realtà. Chi si occupa di emergenze continuerà a cercare di mantenere viva l’attenzione delle persone, lottando contro la perdita d’interesse che segna questa strana condizione umana: quando siamo in pericolo potremmo non sentirci spinti a fare qualcosa. Anche se psicologicamente i nostri punti di riferimento cambiano, continuiamo ad avere corpi con ossa fragili e limiti di sopportazione della temperatura. Continueremo a fare i conti con ondate di calore e tornado. Perciò, la prossima volta che riceverete una notifica d’allerta, fate uno screenshot e seguite le istruzioni. Anche se le troverete fastidiose, non disattivatele. In futuro una notifica potrebbe salvarvi la vita.

(Traduzione di Valerio Camilli)

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