Nella conferenza stampa di presentazione Carlo Conti dice che in questo Sanremo uscirà fuori il suo lato arturiano. Forse è un po’ troppo enfatico il richiamo ai cavalieri della leggenda, ma certo condurre il Festival è una durissima medievale battaglia e… No, ho sentito male, era lato arboriano, e ora spiega: “Il mio fare da spalla ai comici”. Per il Conti ragazzo a fine anni settanta Arbore con Benigni deve essere stato un modello fondamentale; e immagino facilmente il Prescelto, il futuro calcatore delle assi dell’Ariston, che dice un giorno d’estate di trentacinque anni fa a Giorgio Panariello: “Io facciamo che sono Renzo e tu Roberto”.

Conti è al suo primo Festival ma tiene molto a chiarire che lui qui è di casa, sull’Ariston ha già fatto chilometri, per decine di spettacoli, spesso di ottimo ascolto e sempre di fascia standard. Rammenta appunto un 50 Canzonissime del 2006 come “trasmissione normale” su Rai1 capace di raccogliere il 40 per cento di share.

Da sinistra: Rocío Muñoz Morales, Arisa, Carlo Conti ed Emma Marrone prima dell’incontro con la stampa a Sanremo. (Andrea Negro, Lapresse)

Oggi quell’epoca felice di tv generalista è finita per sempre, interviene il direttore di rete Giancarlo Leone, lievemente infastidito per i tulipani di Sanremo sul tavolo, grazie dei fiori grazie, bellissimi senza dubbio alcuno, però gli impediscono la vista delle prime tre file, dove stanno i giornalisti che contano.

Leone sostiene che per il festival 2015 si accontenterebbe del doppio della media di rete, cioè del 38 per cento. Siamo ovviamente al mercato, il direttore è però in questo caso uno strano venditore e offre subito lo sconto: punta almeno a un 43-45 ma con prudente esperienza si tiene bassissimo, così da poter dichiarare vittoria pure con una manciata di milioni di spettatori. E precisa, giusto per stare ancora più protetto, che gli ascolti vanno valutati globalmente, sulle cinque serate.

Ma ritorniamo all’arboriano: il problema della conferenza stampa per Conti è appunto la drammatica mancanza di un comico da spalleggiare. Il conduttore e direttore artistico del 65° festival decide comunque, con arturiano coraggio ed esiti funesti, di andare in missione da solo ovvero di lanciare l’incursione comica e prendersi in faccia il boomerang arboriano della battuta non riuscita. Le mie statistiche a fine conferenza, personali ma piuttosto fedeli alle non risate in sala stampa, segnano: una decente e sei orrende.

Conti comincia con un commento non esattamente imprevedibile sulla sua abbronzatura, poi da quella singola caratteristica fisica sempre ribadita passa, con eguale originalità, a scherzare sul suo nome. Dice “alla fine dei conti” e, non scatenando incontenibile ilarità tra i giornalisti, rilancia e raddoppia con “oggi ho letto sul Corriere Conti in Svizzera, ma come? Io sono a Sanremo”. Il sole abbronzante di Sanremo e il riscaldamento al massimo dell’Ariston nulla possono contro il gelo.

Con grande professionismo Conti passa immediatamente sopra il fallimento di questi automatismi che in onda minore funzionano alla perfezione. Voglio dire che quando va in tv per un’ospitata al pomeriggio e ancora di più quando fa un regalo alla piccola radio rilasciando un’intervista veloce, il conduttore e il condotto pubblico sono più indulgenti e mostrano grande allegria per il colore della pelle, l’equivoco sul nome e l’essere così alla mano del divo.

In fondo anche questa conferenza rientra per Conti in questo genere, considerate le sue lunghissime giornate all’Ariston. L’incontro è comunque un impegno importante e ha il suo solidissimo copione, o meglio i suoi talking points – la tradizione che continua e si rinnova, la famiglia che guarda il festival tutta insieme, la musica prima di tutto eccetera – e Conti si è allenato duro per “stare sul messaggio”, fallimenti umoristici nonostante.

I giornalisti in questo primo confronto sono decisi nel contrattare soprattutto diritti d’accesso, alle prove come alla scaletta precisa delle varie serate. Con grande professionismo si fanno quindi coinvolgere in un applauso per Pippo Baudo, richiesto da Conti, ma alle freddure stupidine passano la mano: scusaci, stiamo lavorando, dicci piuttosto se alle prove possiamo portare il tablet, dicci gli ospiti speciali. E proprio su questi Conti indovina il motto di spirito, gli chiedono come saranno distribuiti nelle varie serate e risponde: “Tutti quelli che ho già citato vengono la prima sera, poi le altre niente”. L’allenatissimo Conti si smarca con un’arguzia, perché al festival deve dosare tutto, con abilità da pokerista.

Così ci svela solo che il comico della prima serata è Alessandro Siani, poi ci sono altri nomi sicuri come Panariello (il Compagno del Prescelto) ma non si dice quando, non si dice bene come. Genitore affettuoso e severo, mamma Rai fa capire che è anche per il bene nostro “se no scrivete tutto oggi e poi non vi rimane più nulla”.

Conti si scusa per il suo essere toscano e quindi disposto a qualsiasi cosa per una battuta. E le altre tre terribili lo mostrano purtroppo bene. La spagnola Rocío Muñoz Morales, che dividerà il palco con il conduttore, Arisa ed Emma, comincia a parlare in un ottimo italiano giusto con un filo di accento e Conti ne ripete le frasi, fornendo così la spiritosa traduzione simultanea. Lo fa per tre volte. Poi a malincuore si arrende.

La battuta più incomprensibile arriva invece a commento degli ascolti: “Ieri ho fatto il 100 per cento di share perché mio figlio compiva un anno”. Spiega incongruamente che il figlio compiva un anno solo, quindi lo share… E però papà Conti che in mezzo a tutto questo casino c’è per il compleanno del bimbo, a telecamera spenta e candelina accesa, mi pare un momento molto bello e sincero. Oltre le ironie e le battute che non fanno ridere, la famiglia italiana…

In conclusione gli chiedono di Charlize Theron, se farà qualcosa di speciale come Pippo Baudo con Sharon Stone. Conti allude scherzosamente a un incontro in camera d’albergo con Theron, ricalcando sopra una dichiarazione di Baudo sulla sua “occasione mancata” con Stone.

È una battuta, siam toscani, naturalmente, però lasciando stare Sharon Stone, a me questo occasionale commento umoristico pare mostrare una certa mancanza di sensibilità, al minimo verso un’attrice assente in sala. Non diamogli troppa importanza, non facciamo i moralisti e gli ossessi del politicamente corretto e ancora meno quelli che vogliono a tutti i costi la polemica (”Festival sessista!”), però è comunque notevole che proprio su questo non ci sia stato un allenamento, un’indicazione semplice e sottolineata con il pennarello rosso: “Evitiamo stupide allusioni sessuali sulle donne assenti”.

Del resto lo show Tale & Quale di Conti, nell’Italia del 2014, dipingeva di nero uomini e donne bianchi, al fine di imitare cantanti neri (Roberta Giarrusso diventa Grace Jones, Alessandro Greco fa Barry White, tale e quale, ti giuro, tutto nero!). E questa blackface, questa abbronzatura (come da battuta irresistibile di Berlusconi a Obama), piaceva e faceva pure ridere tantissimo. Certo si avrebbe qualche difficoltà a spiegarla a un amico americano, non dico a Obama ma perfino all’italoamericano innamorato pazzo della Rai e del festival… ma ora guardiamo avanti, a questo festival che va a cominciare. Via, comici bravi e dalle spalle larghe.

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