In tema di conti pubblici uno degli argomenti dibattuti da politici ed esperti in Italia da quando è esplosa la pandemia è il possibile ricorso del governo a una linea di credito del Meccanismo europeo di stabilità (Mes), il fondo salvastati dell’eurozona, messa a disposizione unicamente per affrontare le spese del settore sanitario legate al covid-19.

Molti temono che l’accesso a quei prestiti possa far finire l’Italia sotto la sorveglianza stretta e le imposizioni di Bruxelles, com’è successo in passato alla Grecia, sottoposta alle misure d’austerità e alle riforme chieste dalla cosiddetta troika (il terzetto di creditori formato da Commissione europea, Banca centrale europea e Fondo monetario internazionale).

In gran parte, però, questi timori sono una conseguenza del fatto che per molti italiani il Mes è un oggetto misterioso e più in generale sono frutto della diffidenza diffusa nei confronti dell’Unione europea, sentimento su cui fanno leva alcuni partiti per accrescere il loro consenso. Chiarire di cosa si parla, forse, può aiutare a fugare qualche dubbio.

Linee di credito
Il Mes è stato istituito nel 2012 al posto dell’European financial stability facility (Efsf), la forma originaria del fondo salvastati creato nel 2010 in occasione della crisi del debito greco. È guidato da un consiglio dei governatori composto dai 19 ministri delle finanze dell’eurozona. Il consiglio assume all’unanimità tutte le principali decisioni (in casi eccezionali è richiesta una maggioranza qualificata dell’85 per cento). Il capitale sottoscritto è di 704,8 miliardi di euro, di cui 80,5 sono stati versati; la sua capacità di prestito arriva a 500 miliardi. L’Italia ha sottoscritto una quota di capitale per 125,3 miliardi, versandone 14. Insieme alla Germania e alla Francia, ha diritti di voto superiori al 15 per cento e quindi da sola può bloccare anche le decisioni per cui è richiesta la maggioranza qualificata.

La funzione fondamentale del Mes è concedere, sotto precise condizioni, assistenza ai paesi dell’eurozona che hanno temporanee difficoltà nel finanziarsi sul mercato. Le condizioni per il ricorso al Mes possono variare in base allo strumento usato. Ci sono le Precautionary conditioned credit line (Pccl), linee di credito riservate ai paesi che rispettano il Patto di stabilità e crescita, che non presentano squilibri macroeconomici eccessivi e che non hanno problemi di stabilità finanziaria: in questo caso le condizioni sono blande (basta, per esempio, una lettera d’intenti del paese richiedente). Poi ci sono le Enhanced conditions credit line (Eccl), prestiti destinati ai paesi che non rispettano pienamente i criteri di stabilità finanziaria: per loro è prevista una “condizionalità rafforzata”, cioè una serie di misure correttive e di riforme specificate in un apposito memorandum.

Quando è esplosa la pandemia di covid-19, l’Unione europea ha inserito il Mes tra gli strumenti disponibili per contrastare la crisi economica provocata dall’emergenza sanitaria e dalle rigide misure di distanziamento sociale. Il 9 aprile l’Eurogruppo, che riunisce i ministri delle finanze dell’eurozona, ha lanciato un pacchetto di misure da 540 miliardi di euro, che il 23 aprile è stato approvato dai capi di stato e di governo.

L’unica condizione per accedervi è che il paese richiedente usi i soldi per spese sanitarie legate alla crisi del covid-19

Accanto al programma Sure, che finanzia i sussidi per chi perde il lavoro, e al sostegno alle imprese della Banca europea degli investimenti, l’Eurogruppo ha stabilito che il Mes avrebbe reso disponibile una linea di credito Eccl a tutti i paesi dell’eurozona per un ammontare massimo di 240 miliardi di euro. Ogni paese può chiedere una somma pari al 2 per cento del pil registrato alla fine del 2019: nel caso dell’Italia, quindi, la cifra sarebbe di circa 36 miliardi di euro. Il Mes concederà prestiti della durata massima di dieci anni a un tasso dello 0,08 per cento. La linea di credito sarà disponibile per due anni al massimo. L’unica condizione per accedervi è che il paese richiedente usi i soldi per spese sanitarie legate alla crisi del covid-19. La nuova linea di credito è stata approvata e quindi resa operativa dal consiglio dei governatori del Mes il 15 maggio.

Il principale vantaggio del ricorso al Mes è rappresentato soprattutto dalla possibilità di risparmiare. Attualmente l’Italia paga interessi dell’1,5-2 per cento sui titoli di stato a dieci anni: con gli interessi garantiti dal Mes, quindi, risparmierebbe circa 500 milioni all’anno per dieci anni. Non è una grande cifra per un paese che ha un debito pubblico di circa 2.500 miliardi di euro. Ma è innegabile il fatto che all’Italia 36 miliardi a tasso sostanzialmente nullo e a lunga scadenza concessi per rafforzare il sistema sanitario in un momento come questo facciano comodo.

La principale obiezione di chi si oppone all’uso del Mes è che il prestito sia un cavallo di Troia per far arrivare la troika a Roma e imporre misure di risanamento dolorose e umilianti, sul modello della Grecia. Inoltre, il ricorso a questa linea di credito imprimerebbe al paese “uno stigma politico ed economico”, soprattutto se fosse l’unico a rivolgersi al Mes. In effetti chi usa i soldi del fondo salvastati è soggetto alla sorveglianza rafforzata, un programma di vigilanza che può portare la Commissione europea a chiedere un programma di aggiustamento macroeconomico.

Per evitare questo sarebbe stato necessario cambiare il regolamento del fondo. Ma il 7 maggio Bruxelles, e in particolare il vicepresidente della Commissione Valdis Dombrovskis e il commissario per l’economia Paolo Gentiloni, ha inviato una lettera al Mes (poi approvata dall’Eurogruppo) dicendo che, date le condizioni eccezionali in cui è stato lanciato il programma di contrasto alla crisi e dal momento che si tratta di misure temporanee, la Commissione non applicherà la sorveglianza rafforzata, ma si limiterà a controllare solo che i soldi siano spesi per gli obiettivi previsti.

Gli scettici dicono che si tratta semplicemente di impegni verbali e che Bruxelles può tranquillamente cambiare idea, ma bisogna tener presente che la Commissione europea può decidere unilateralmente la sorveglianza rafforzata anche senza che ci sia stato un ricorso al Mes, come prevede il regolamento Ue 472/2013.

In sostanza, per realizzare che l’Italia è in difficoltà finanziarie e va messa sotto tutela, non c’è bisogno di un prestito del Mes relativamente piccolo. Il vero problema del paese sono gli oltre 2.500 miliardi di debito e le politiche che si decideranno di attuare per gestirlo e migliorare l’economia nazionale. È a quello che guardano Bruxelles e, soprattutto, i mercati finanziari, l’unica alternativa al Mes che però non è solo più costosa ma, in caso di difficoltà, potrebbe imporre all’Italia condizioni enormemente più dure di quelle dell’Unione europea.

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