Non riuscivo a capire perché gli spettatori ridevano. Cosa c’è di così divertente in cinque uomini che mostrano tutta la loro ignoranza? Partecipavano a un corso d’arte, ma non avevano mai sentito parlare della cappella Sistina. “Abbiamo lasciato la scuola a undici anni per andare a lavorare in miniera”, ha spiegato uno di loro.
Potete anche ridere di me e della mia automatica identificazione con i lavoratori. E oltretutto la scena che ho raccontato era recitata su un palco. Lo spettacolo era The pitmen painters di Lee Hall, basato su un romanzo di William Feaver. Il mio imbarazzo era provocato dalla reazione del pubblico. A mia parziale giustificazione, l’opera si basa su una storia vera. Negli anni trenta i lavoratori privi di un’istruzione di base frequentavano i corsi della Workers education association.
Gli operai arrivavano in classe dopo turni massacranti per farsi illuminare da uomini privilegiati. Lo spettacolo racconta la storia vera di un gruppo di minatori che frequenta un corso d’arte a Newcastle. L’ insegnante ha un’illuminazione: perché non lasciare che siano loro a dipingere? Riluttanti, i lavoratori scoprono tele e pennelli e il loro entusiasmo cresce di giorno in giorno.
I figli di questi lavoratori beneficiarono nel dopoguerra dei vantaggi dello stato sociale ed ebbero così un’istruzione adeguata. Forse i loro nipoti sono tra gli indignati che oggi protestano davanti alla cattedrale di St. Paul, ansiosi di trovare un’alternativa all’attuale stato antisociale.
*Traduzione di Andrea Sparacino.
Internazionale, numero 923, 11 novembre 2011*
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