Davanti a una casa di un piano c’è un canestro ad altezza di bambino. È uno dei segnali che siamo in un quartiere nero, mi spiega il mio ospite. A Gainesville, in Florida, vivono 125mila persone, tra cui 50mila studenti. Se fossi da sola forse non mi sarei accorta che le strade alle spalle del mio bed and breakfast sono abitate esclusivamente da neri. La guida, infatti, consiglia di non andare da quelle parti, ma per essere politicamente corretta non ne spiega il motivo.
Sono qui per tenere una conferenza e degli incontri con gli studenti. La prima cosa che ha attirato la mia attenzione sono stati gli strani grovigli filiformi che pendono dagli alberi. A quanto pare sono erbe che privano le foglie della luce del sole, e quindi molti alberi hanno un aspetto rinsecchito. La pianta è usata come materiale per imbottire i divani, sedili di automobili e materassi.
In Florida non c’è una tassa sul reddito e i dipendenti del settore pubblico non possono scioperare. Le scuole pubbliche di Gainesville hanno una reputazione terribile e si trovano soprattutto nelle zone abitate dai neri.
La città è stata fondata alla fine del settecento. Un impiegato di mezza età ci racconta la sua sorpresa quando ha scoperto che prima c’erano gli spagnoli e i francesi. Dimentica però gli uomini che hanno abitato queste terre per dodicimila anni, i timucua, sterminati dai conquistatori. La città prende il nome dal generale Edmund Gaines, che ha partecipato a tre guerre contro gli “indiani”.
*Traduzione di Andrea Sparacino.
Internazionale, numero 936, 17 febbraio 2012*
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