Quattro colpi alla schiena, sparati da un’auto bianca, sul ponte che attraversa la Moscova proprio a un passo dalla piazza Rossa, una delle zone più illuminate, più sorvegliate, più esposte di tutta Mosca. A poche decine di metri dai palazzi del Cremlino. Così hanno ucciso Boris Nemtsov, uno degli ultimi liberali russi, tra le figure di punta di un’opposizione ormai decimata da arresti, censura e repressione.

Prima di diventare uno dei più determinati avversari di Putin, Nemtsov era stato governatore della regione di Nižnij Novgorod e, soprattutto, primo vicepremier negli ultimi anni della presidenza Eltsin, tra il 1997 e il 1998.

Finito in galera più volte per il suo attivismo politico tra il 2007 e il 2011, Nemtsov era stato anche uno dei catalizzatori – insieme al suo collega di partito Michail Kasjanov, ad Aleksej Navalnij e Sergej Udaltsov, oggi entrambi agli arresti domiciliari, all’ex scacchista Garry Kasparov, rifugiato negli Stati Uniti, e all’imprevedibile Eduard Limonov, ormai rientrato nei ranghi del nazionalismo putiniano – delle proteste di piazza Bolotnaja, quella stagione di mobilitazioni che Mosca visse dopo le elezioni politiche del dicembre del 2011 illudendosi di poter scalfire il sistema di potere di Putin.

Un dossier sui militari russi in Ucraina

Nell’ultimo anno le sue critiche si erano concentrate sulla politica di Mosca in Ucraina. Nemtsov aveva esplicitamente accusato il Cremlino di aver fomentato la ribellione nell’est del paese: “L’unica cosa che Putin voleva, e che ha ottenuto”, ha detto dopo l’annessione della Crimea, “era aumentare il suo indice di popolarità, che si basa su un isterismo imperiale e sulle ciniche bugie della propaganda. Ma non durerà a lungo. Presto la gente si renderà conto che i prezzi stanno aumentando e che i redditi diminuiscono. E non sarà più possibile dare a Obama la colpa di tutto”.

Stando alle dichiarazioni rilasciate dopo l’omicidio da Ksenia Sobčak, una socialite vicina all’opposizione, Nemtsov stava lavorando a un dossier sulla presenza dei militari dell’esercito russo in Ucraina. Difficile verificare l’attendibilità di simili notizie per adesso. C’è però una cosa che fa gelare il sangue: l’intervista rilasciata al giornale Sobesednik il 10 febbraio, in cui Nemtsov racconta che sua madre – “assolutamente lucida”, sottolinea – ha paura che Putin voglia ucciderlo.

È vero: le minacce e le intimidazioni sono all’ordine del giorno in Russia per gli esponenti dell’opposizione, specialmente ora che la macchina della propaganda viaggia a pieno regime, denunciando chiunque dissenta esplicitamente dalle scelte di Putin come un nemico dello stato e della Russia. Ma pure in un contesto simile, e con elementi che consentono di fare solo analisi parziali, un dato davvero inquitante c’è, e l’ha espresso molto efficacemente Michail Kasjanov: “Che un leader dell’opposizione possa essere ucciso a poche centinaia di metri dal Cremlino va oltre ogni immaginazione”.

Tanto più che l’omicidio è stato chiaramente opera di professionisti: “La prima cosa che ho pensato”, racconta a Internazionale Andrei Soldatov, analista politico, che conosceva personalmente Nemtsov, “è che si è trattato di un’operazione pianificata in ogni dettaglio e realizzata da professionisti. Erano almeno quindici anni che a Mosca non si vedeva niente di simile. I killer hanno fatto un grande lavoro di logistica. Ed erano gruppi diversi: chi l’ha seguito a piedi, chi era in macchina, tutti coordinati alla perfezione. Per questo non credo sia stata opera di qualche scheggia impazzita arrivata magari dalle fila dei separatisti di Donetsk. Certo, anche loro avrebbero potuto organizzare un omicidio, ma non in questo modo. Questa è stata una vera operazione speciale”. E il risultato è la paura, sempre più palpabile tra la gente, dice Soldatov.

Le conseguenze per Vladimir Putin

Osservando la situazione dall’Europa, non è facile capire come tutto questo possa giovare al presidente Putin, almeno se si utilizzano i nostri parametri di giudizio politico. Un leader dell’opposizione, che due settimane prima aveva dichiarato di temere di finire ammazzato per mano del potere, viene assassinato a pochi metri dal Cremlino, a due giorni da una grande manifestazione che aveva organizzato per protestare contro la crisi economica e il coinvolgimento russo in Ucraina, e con tutti gli occhi del mondo puntati da mesi su Mosca: non proprio uno scenario favorevole a Putin, in teoria.

Ma l’intera vicenda, sottolinea Soldatov, va letta e giudicata soprattutto per le sue conseguenze e le sue implicazioni interne. Certo, Putin ha condannato l’omicidio, facendo sapere, tramite il suo portavoce Dmitrij Peskov, che prenderà l’indagine direttamente sotto il suo controllo. Ma ha soprattutto parlato di una provocazione.

“La logica è sempre la stessa: è un complotto occidentale”, spiega Soldatov. “Hanno così paura della Russia che sono disposti a sacrificare uno dei loro burattini pur di poter accusare il Cremlino. È un po’ quello che successe con l’assassinio di Anna Politkovskaja. La morte di Nemtsov – un personaggio insignificante e non una vera minaccia politica, a sentire il Cremlino – sarebbe quindi stata orchestrata da forze ostili alla Russia per mettere in difficoltà il presidente”. Questa la versione che il potere venderà ai russi. Per Soldatov, invece, dietro all’omicidio di Nemtsov c’è una tattica pensata per spingere il presidente a essere più agressivo e perfino più avventuroso nelle questioni di politica estera. “Non penso certo che sia stato tutto organizzato da Putin. Ma forse da soggetti che vogliono un’escalation in Ucraina, che puntano alla presa di Mariupol, elementi provenienti dai servizi segreti, dall’esercito o addiritura dall’amministrazione presidenziale. Il paese è sotto pressione – è il loro ragionamento – quindi il presidente deve mostrarsi più risoluto e intransigente”.

Per avere un quadro più chiaro dei fatti e capire come la morte di Nemstov cambierà, se lo cambierà, l’atteggiamento del Cremlino, bisognerà osservare cosa succederà in Ucraina nelle prossime settimane e come verranno gestite le future manifestazioni dell’opposizione. Intanto, il corteo organizzato il 1 marzo per protestare contro la crisi economica e il coinvolgimento russo nel Donbass – di cui Nemtsov era stato tra i promotori, e che si sarebbe dovuto tenere in una zona molto periferica di Mosca – è stato annullato. Ci sarà invece, una manifestazione in ricordo dell’ex vicepremier che partirà dalla zona di Kitai-Gorod, appena dietro la piazza Rossa. Anche da lì potranno arrivare risposte ed elementi interessanti.

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