In cerca di fortuna è un numero di Internazionale storia sull’emigrazione italiana dall’ottocento a oggi vista attraverso la stampa di tutto il mondo. Si può comprare in edicola, in libreria e sul sito di Internazionale.

“Una processione interminabile di gente usciva a gruppi dall’edificio dirimpetto, dove un delegato della Questura esaminava i passaporti. La maggior parte, avendo passato una o due notti all’aria aperta, accucciati come cani per le strade di Genova, erano stanchi e pieni di sonno. Operai, contadini, donne con bambini alla mammella, ragazzetti che avevano ancora attaccata al petto la piastrina di latta dell’asilo infantile passavano, portando quasi tutti una seggiola pieghevole sotto il braccio, sacche e valigie d’ogni forma alla mano o sul capo, bracciate di materassi e di coperte, e il biglietto col numero della cuccetta stretto fra le labbra”. Così Edmondo de Amicis racconta nel romanzo Sull’oceano la partenza degli italiani verso il nuovo mondo. È il 1884, lo stesso anno dell’articolo del Chicago Tribune che apre questo volume, un racconto di centocinquant’anni di migrazioni italiane, dall’esodo postunitario alle partenze dei nostri giorni, che non sono solo di giovani cervelli in fuga ma anche di semplici braccia da fatica. Il tutto attraverso le fonti giornalistiche dei paesi d’arrivo. Lo sguardo non di chi partiva, insomma, ma di chi accoglieva quel flusso di essere umani, che negli ultimi anni ha acquisito un’innegabile visibilità nel nostro dibattito pubblico.

Che gl’italiani siano stati, e siano ancora, un popolo di emigranti è un fatto che nessuno pare più voler nascondere. E che siano spesso stati accolti da razzismo e ostilità è altrettanto assodato. Questo volume, però, non è un repertorio delle discriminazioni subite. Perché se è vero che la sua lettura conferma che le grandi migrazioni portano con sé tensioni e conflitti, è altrettanto evidente che – se osservato con attenzione – lo spettro delle opinioni e dei punti di vista sul fenomeno migratorio è sempre stato molto ampio. Ci sono articoli che grondano disprezzo – e che ovviamente vanno letti con le lenti del loro tempo – ma anche analisi e commenti che cercano di capire e si sforzano di proporre soluzioni. Spesso trasudano un paternalismo fastidiosamente sussiegoso, ma sono anche il segno che sul tema un dibattito aperto esisteva già alla fine dell’ottocento, soprattutto negli Stati Uniti.

In tutti i paesi di destinazione l’atteggiamento verso gli emigranti italiani ha attraversato diverse trasformazioni, legate ai grandi eventi della storia, alle congiunture economiche e al livello d’integrazione raggiunto. I giornali stranieri hanno raccontato questi cambiamenti con una certa attenzione, anche se con toni e sensibilità diverse. E continuano a farlo ancora adesso: non è un caso se l’ultima sezione del lavoro, quella che copre gli anni più recenti, è ricca d’informazioni sulle partenze attuali come di riflessioni sulle migrazioni del passato. Perché interrogarsi su cosa sono stati per una comunità gli arrivi di decine di migliaia di emigrati, e sugli esiti della loro integrazione, vuol dire interrogarsi su se stessi. Il volume che avete tra le mani non vuol essere altro che un contributo in questa direzione.

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