Dimmi dove suoni e ti dirò chi sei. L’Orchestre Tout Puissant Marcel Duchamp passa dagli squat ai grandi festival, da un pubblico sparuto di antagonisti a una folla di seimila persone. L’approccio non cambia (così dicono). Del resto sono figli (o ex protagonisti) di quella scena post punk che nei primi anni ottanta ha raccolto la carica politica del fai da te originato nel punk facendolo diventare una fucina di sperimentazione musicale, con un sistema di vasi comunicanti che avvicinava dub, punk, jazz d’avanguardia e rock in uno scambio aperto di suoni, di luoghi e di pubblico. Un sistema molto lontano dalle “contaminazioni” fabbricate a tavolino pochi anni dopo (e con ottimi risultati per i portafogli delle major).
Gruppi come The Pop Group, Rip Rig + Panic, The Ex e Dog Faced Hermans (da cui hanno ereditato il batterista Wilf Plum) sono i possibili progenitori della OTPMD, ma loro sono giovani, perlopiù, e con la sconfinata discoteca globale a loro disposizione scoprire le sonorità delle orchestre africane “tout puissant” è stato facile. Hanno trovato ispirazione anzitutto nei likembe distorti dell’Orchestre folklorique T.P. Konono N°1 de Mingiedi così come nella rumba congolese e nell’afrobeat. Ma idealmente hanno abbracciato l’entusiasmo delle formazioni africane nate tra anni cinquanta e sessanta, dalla Tout Puissant Orchestre Kinshasa Jazz di Franco alla Tout Puissant Orchestre Poly-Rythmo, che in quell’onnipotenza dichiaravano tutto l’ottimismo delle neonate nazioni indipendenti.
L’orchestra (sono sei elementi, ma loro la chiamano così) nasce da un’idea del contrabbassista Vincent Bertholet, quando al Cave 12 di Ginevra gli viene offerta una carte blanche per proporre un suo progetto. Il locale fa parte di un circuito europeo che sostiene e diffonde le musiche di ricerca a cavallo tra i generi, ma la musica della OTPMD si colloca in quello spazio strano dove il pop perde la sua disciplina e la canzone si apre a mille interferenze, combinazioni, colori. È una dimensione artigianale di cui si coglie l’aspetto corale e improvvisativo, ricca di scarti e irregolarità che sono il punto di forza del gruppo. Un approccio rimasto intatto nonostante (o grazie a) l’intervento di John Parish, produttore di PJ Harvey e del loro ultimo disco Rotorotor.
Orchestre Tout Puissant Marcel Duchamp
E allora può succedere che un ostinato minimalista di marimba e di chitarra distorta sia sostenuto da una serratissima batteria punk, accompagnato da un basso funk, contrappuntato da un trombone libero e che sopra a tutti veleggi la voce acerba, fragile e piena di energia come quella di un’adolescente, della cantante che è anche violinista.
Per chi volesse inquadrare questa musica a tutti i costi, il consiglio è di fare come Marcel Duchamp e confondere i contesti. Andrà sempre bene e in ogni caso si balla.
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