Domenica la sinistra radicale ha ottenuto un grande risultato al primo turno delle amministrative in Grecia. Gli elettori hanno premiato Syriza, un partito profondamente ostile alle attuali politiche europee ma allo stesso tempo favorevole alla moneta unica e alla permanenza della Grecia nell’Unione.

Il successo di Syriza è particolarmente significativo se consideriamo che il suo leader, il giovane e brillante Alexis Tsipras, è anche il candidato della coalizione della sinistra radicale alle elezioni europee del 25 maggio. Di conseguenza il risultato delle amministrative greche potrebbe anticipare un’affermazione della nuova sinistra non soltanto in Geecia ma in molti altri paesi.

Il problema è che i futuri europarlamentari della coalizione della sinistra radicale, almeno 50, rifiutano a priori qualsiasi accordo con gli altri partiti di Strasburgo, che facciano parte della destra del Partito popolare europeo (Ppe) o della sinistra del Partito socialista europeo (Pse).

Tenendo conto anche della prevedibile crescita dell’estrema destra eurofoba e degli euroscettici britannici, il prossimo Parlamento europeo potrebbe non avere una maggioranza. Con poco più di 220 seggi, infatti, i conservatori del Ppe sono ancora lontani dalla metà dei 751 seggi del parlamento, e lo stesso vale per il Pse e i suoi circa circa 200 parlamentari. Anche alleandosi con i Verdi, alla sinistra europea mancherebbero comunque 60/70 seggi per formare una maggioranza.

La possibilità di un’alleanza tra la destra e gli eurofobi è esclusa, e i conservatori non potranno ottenere la maggioranza nemmeno alleandosi con i verdi e i liberali.

Al momento sembra che l’Unione europea avrà un parlamento spaccato, sempre che la sinistra, i liberali e i verdi non riescano a mobilitare entro domenica un numero di potenziali astenuti sufficiente a invertire la tendenza. Una svolta di questo tipo appare però altamente improbabile, e dunque restano due possibilità.

La prima è che le tre maggiori forze politiche – conservatori, socialisti e liberali – trovino un’intesa per impedire ai 28 leader nazionali di continuare a scegliere il presidente della Commissione. I conservatori potrebbero riconoscere che nonostante l’assenza di una maggioranza la coalizione tra sinistra, verdi e liberali è la più forte, e potrebbero sostenere il candidato socialista alla presidenza della Commissione Martin Schulz, concedere la presidenza del parlamento ai liberali e conservare la presidenza del Consiglio, l’assemblea dei 28 leader europei dove possono contare su una netta maggioranza.

Questo compromesso rifletterebbe le grandi tendenze del voto, e non sarebbe affatto una soluzione disprezzabile. La seconda possibilità, meno auspicabile, è che davanti a un parlamento debole i 28 capi di stato e di governo riescano a strumentalizzare l’astensione (se sarà alta come previsto) per imporre alla guida della Commissione un individuo senza mandato popolare e vincolato alla volontà delle capitali europee.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it