Era una delle promesse del 2008, della sua prima campagna elettorale, e Barack Obama l’ha mantenuta. Mettendo la parola fine a più di mezzo secolo di tensioni – che nel 1962 rischiarono di portare a uno scontro fra gli Stati Uniti e l’Unione Sovietica – il presidente statunitense ha annunciato ieri la prossima ripresa delle relazioni diplomatiche con Cuba, un alleggerimento immediato dell’embargo e l’apertura di una discussione al congresso sulla fine definitiva delle sanzioni economiche.
“Todos somos americanos”, ha affermato Obama in spagnolo, in un discorso che chiude con il passato e che rimarrà nella storia per tre motivi.
Il primo è che queste tensioni con Cuba rappresentavano gli ultimi resti della guerra fredda, e il caso ha voluto che fossero eliminati proprio nel 25° anniversario della caduta del muro di Berlino. In questo evento c’è qualcosa di realmente storico, una svolta che colpisce ancora di più visto che il regime castrista – ultimo regime comunista al mondo se si eccettua il caso molto particolare della Corea del Nord – è a sua volta in fase di cambiamento dopo che Fidel Castro ha passato la mano a suo fratello Raúl nel 2006.
Cuba non è certo diventata una democrazia, ma la relativa liberalizzazione del settore privato la sta trasformando lentamente, mentre il potere cerca un nuovo modello tra economia mista e dittatura capitalistica alla cinese. Ancora è presto per dire come sarà. Il regime stesso avanza con incertezza, ma Raúl Castro, accettando un avvicinamento con gli Stati Uniti ancora prima che il congresso abbia votato la fine dell’embargo, ha fatto un grande passo verso un’irreversibile accelerazione in direzione della democrazia e dell’economia di mercato.
Questa è la seconda ragione per la quale questo discorso rimarrà nella storia, mentre la terza è che Obama non solo ha riconosciuto un’evidenza dichiarando che la “rigida” strategia americana di isolamento di Cuba non ha affatto favorito la democrazia e la prosperità dell’isola, ma, puntando sulla dinamica democratica di questo avvicinamento, si è posto di fronte a milioni di cittadini ispanici come l’uomo disposto a correre dei rischi per liberare veramente Cuba.
I profughi cubani più anziani vedranno in questo atteggiamento un tradimento e già lo affermano, ma i loro discendenti e tutti gli ispanici apprezzeranno invece questo cambiamento.
Con il sostegno del papa, che si è impegnato con discrezione per questa svolta, il democratico Obama serve anche gli interessi del suo partito a due anni dalle prossime elezioni presidenziali, impegnandosi in un’importante partita di politica interna e inoltre facendo capire alla maggioranza repubblicana del congresso che rimane sempre un presidente disposto ad agire, anche contro di essa se necessario.
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