Nella giornata di giovedì, in Belgio, un’operazione di polizia si è conclusa con la morte di due jihadisti. L’azione degli agenti ha scongiurato un nuovo attentato, ma non dobbiamo farci illusioni. Ci saranno nuovi tentativi in Europa, e inevitabilmente alcuni di essi avranno successo.

Di questo passo è probabile che un giorno o l’altro, davanti all’ennesimo bagno di sangue, qualcuno in Francia e nel resto dell’Unione proporrà di non immischiarsi più nei conflitti del mondo arabo, di lasciare gli islamici alle loro guerre e di permettere che i fanatici conquistino il Medio Oriente e il Sahel, perché in fondo non sono problemi nostri.

Qualcuno penserà che è una proposta sensata, ognuno per sé e dio per tutti. Il problema è che viviamo nel ventunesimo secolo, non nel quindicesimo o nel diciannovesimo e nemmeno nel ventesimo secolo. Il mondo è uno solo, gli stati musulmani e l’Europa sono intimamente legati e la storia dei nostri paesi è un’unica storia dai tempi dell’impero romano. Le conquiste arabe, le crociate, la colonizzazione, l’immigrazione e la riduzione delle distanze provocata da comunicazioni sempre più rapide ha ridotto il Mediterraneo a ciò che in fondo è sempre stato negli ultimi duemila anni: un lago interno.

Potremmo disinteressarci dell’Iraq e della Siria, del Mali e della Nigeria. Potremmo smettere di lasciarci coinvolgere, investire denaro e perdere vite umane. Ma cosa accadrebbe se davvero lo facessimo?

Per prima cosa i rifugiati in pericolo di vita arriverebbero sulle nostre coste a centinaia di migliaia, forse milioni. La destabilizzazione del Sahel scatenerebbe il caos in Maghreb, a pochi chilometri dalle coste europee. Al confine con l’Europa, la Turchia sarebbe trascinata in questo conflitto ancor più di quanto non lo sia già adesso. Lungi dal proteggerci, la nostra inazione ci penalizzerebbe molto più del nostro impegno.

Questo punto di vista è stato illustrato giovedì da François Hollande, che in occasione di una riunione dell’Istituto del mondo arabo, a Parigi, ha portato l’esempio della crisi siriana. Nonostante gli avvertimenti della Francia, gli Stati Uniti e il resto dell’Europa non hanno voluto punire Damasco per l’uso di armi chimiche colpendo le sue strutture militari.

Anziché essere costretto al tavolo dei negoziati, il regime ha raddoppiato la ferocia nello scontro con i ribelli. Inizialmente in maggioranza, gli insorti democratici sono stati annientati dall’azione combinata dell’esercito siriano e dei jihadisti che avevano buon gioco a dire che non ci si poteva fidare di democrazie che abbandonavano i democratici.

Da allora il numero di rifugiati è aumentato, i jihadisti dello Stato islamico hanno guadagnato terreno in Iraq dopo essersi rafforzati in Siria e l’occidente si è ritrovato impantanato in una guerra e colpito dagli attentati. Tutto perché ha deciso di non intervenire. Il mondo è uno solo, e il caos degli stati musulmani è anche il nostro.
(Traduzione di Andrea Sparacino)

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