Gli Stati Uniti armeranno i curdi in Siria, una decisione annunciata il 9 maggio. La Turchia ha reagito con indignazione. L’11 maggio il presidente turco Recep Tayyip Erdoğan ha invitato Washington a “tornare immediatamente sui propri passi”, ma più o meno contemporaneamente i militari statunitensi hanno confermato che “molto presto” comincerà la consegna di mortai, mitragliatrici pesanti, armi leggere e veicoli blindati.

Entrambi membri della Nato, Stati Uniti e Turchia si ritrovano in totale disaccordo. Questa situazione è tanto più paradossale se consideriamo che Erdoğan dovrebbe essere ricevuto la settimana prossima da Donald Trump per una visita a cui i due paesi attribuivano una grande importanza. Il meno che si possa dire è che siamo davanti a un pasticcio nell’Alleanza atlantica. Ma come siamo arrivati a questo punto?

Un enorme problema per Ankara
La risposta è nella geografia. I curdi siriani vivono nel nord del paese, una zona che costeggia la frontiera turca, oltre la quale vivono curdi turchi. La frontiera turco-siriana separa i due Kurdistan. Quello siriano – il Rojava – gode di un’autonomia de facto da quando il regime di Damasco è in guerra con i ribelli, mentre quello turco ricomincia a sognare la secessione, ispirato dai curdi iracheni e siriani.

Per la Turchia l’emergere di un Kurdistan siriano autonomo è dunque un problema enorme. Ankara la considera una tale minaccia per la sua integrità territoriale da aver inviato ad agosto le sue truppe in Siria, con la scusa di voler combattere il gruppo Stato islamico, ma in realtà per impedire alle milizie curde, le Ypg, di gettare le basi di uno stato indipendente assumendo il controllo del nord del paese.

Per Erdoğan la consegna di armi statunitensi alle Ypg è una pugnalata alle spalle. È questo il messaggio che porterà a Donald Trump, spiegandogli che qualsiasi armamento consegnato ai curdi siriani potrebbe finire nelle mani dei curdi turchi. E su questo il presidente non ha torto.

Ma gli americani hanno un grande bisogno di armare le Ypg, perché è su queste milizie che contano per lanciare l’assalto terrestre contro Raqqa, la città che il gruppo Stato islamico ha trasformato nella sua capitale in Siria. Tra uno sgarbo alla Turchia (membro della Nato) e il rifiuto di rischiare la vita dei loro soldati in Siria, gli americani hanno fatto la loro scelta. Washington ha deciso di armare i curdi siriani, che dal canto loro hanno tutto l’interesse a mettersi sotto la protezione degli Stati Uniti.

La Turchia, a conti fatti, non può fare niente per impedirlo. Ankara non può avvicinarsi alla Russia più di quanto abbia già fatto, perché non può rompere con gli americani in un momento in cui le sue relazioni con l’Unione europea sono ai minimi storici. La Turchia dovrà ingoiare il rospo, e il frazionamento della Siria andrà avanti mentre il paese guidato da Erdoğan sprofonda sempre più nella dittatura, nella crisi economica e nell’isolamento internazionale.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

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