Tre decenni dopo la sua rivoluzione, la Francia entrò nella fase della restaurazione. Una simile fase di transizione l’attraversa oggi la Russia di Putin, ancora sotto shock per il passaggio al capitalismo, per la fine del suo impero e per gli stravolgimenti arrivati con la stessa immediatezza dell’avvento del comunismo nel 1917 o la fine dell’ancien régime in Francia.
Ventisette anni fa, i leader sovietici più conservatori furono presi dal panico, convinti che senza un intervento immediato, le libertà politiche introdotte da Michail Gorbačëv avrebbero seppellito il comunismo. Avevano ragione, perché il padre della perestrojka aveva tentato di salvare la Russia dal crollo di un sistema in agonia democratizzandola con una serie di riforme.
I conservatori provarono a rovesciare Gorbačëv nell’agosto del 1991, ma fallirono perché il paese era già uscito dal comunismo. Tuttavia Gorbačëv era stato talmente indebolito dalla manovra che a dicembre il presidente della Federazione di Russia, Boris Eltsin, sciolse l’Urss con l’appoggio del presidente ucraino e di quello bielorusso.
Il nuovo zar
In questo modo Eltsin aveva realizzato il suo progetto di entrare al Cremlino. Nel giro di una notte, dopo aver perso l’Europa centrale, la Russia ha perso l’impero costruito dagli zar. Pochi mesi dopo, la proprietà collettiva dell’Unione Sovietica è passata nelle mani dei baroni briganti che se la sono spartita con la scusa delle privatizzazioni, acquistando i favori del nuovo zar.
L’inflazione ha scaraventato nella miseria i pensionati. Enormi patrimoni sono stati creati attraverso il furto. Dopo essere stata sullo stesso piano degli americani, la Russia è sparita dalla scena internazionale.
Quando questa decadenza brutale ha definitivamente sfiancato i russi, costretti a sopportare la miseria e un presidente alcolizzato, gli imprenditori e le forze di sicurezza (rappresentanti dei due grandi poteri russi) hanno messo sul trono una giovane spia, Vladimir Putin, che ha saputo far dimenticare la sua vicinanza a Eltsin promettendo di vendicarsi sui ladri e di spazzare via l’indipendentismo ceceno.
Putin piaceva al popolo, era rassicurante. L’aumento del prezzo del petrolio gli ha permesso di aumentare le pensioni. In quegli anni è nata la leggenda di Putin, l’uomo che oggi i russi stanno per rieleggere, non perché abbia ricostruito il paese (non l’ha fatto) ma perché ha eliminato qualsiasi forma di opposizione.
Oggi non esiste più (o non esiste ancora) alcuna alternativa a lui. Dopo un secolo di caos ininterrotto, i russi preferiscono la continuità all’avventura, tanto più che la nuova affermazione internazionale del loro paese e la riconquista della Crimea hanno quantomeno alimentato l’orgoglio nazionale. Come la Francia della restaurazione, la Russia è in cerca di se stessa, in un’illusione di nome Putin.
(Traduzione di Andrea Sparacino)
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