Il 16 novembre, a quasi due anni esatti dall’inizio del processo di pace tra il governo di Bogotá e i guerriglieri delle Forze armate rivoluzionarie della Colombia (Farc), il presidente Juan Manuel Santos ha annunciato che sospenderà le trattative in corso all’Avana, Cuba. La decisione è stata presa dopo la conferma del sequestro del generale Rubén Darío Alzate Mora in una zona rurale del dipartimento di Chocó (nell’ovest del paese) da parte dei guerriglieri del fronte 34 delle Farc.

Oltre al generale Mora, il gruppo guerrigliero avrebbe sequestrato anche il militare Jorge Rodríguez Contreras e l’avvocata Gloria Urrego. I negoziatori del governo, che proprio oggi avrebbero dovuto viaggiare a Cuba per cominciare una nuova sessione di incontri, hanno ricevuto l’ordine di non partire “fino a quando non si farà chiarezza sulle circostanze del sequestro e si libereranno queste persone”.

Non è una buona notizia per il futuro di un processo di pace che sulla carta punta a mettere fine al lunghissimo – più di cinquant’anni – conflitto interno. Finora i negoziatori hanno raggiunto l’accordo su tre punti: la questione agraria, la partecipazione politica delle guerriglie e le droghe, che sono diventate una delle principali fonti di finanziamento delle Farc. Sul tavolo della discussione restano altre due questioni, entrambe importantissime: il risarcimento delle vittime e la smobilitazione dei gruppi guerriglieri. Ossia un cessate il fuoco bilaterale e definitivo, la deposizione delle armi e il reintegro dei guerriglieri nella vita civile.

Il sequestro del generale Mora e la conseguente reazione del governo non potevano capitare in un momento più delicato per i colloqui di pace, criticati per l’eccessiva lentezza e accusati da più voci di essere a un punto morto. Anche se prima dell’inizio delle trattative con il governo le Farc si sono impegnate a non sequestrare civili a scopo di estorsione e anche se hanno sempre difeso il loro diritto a “trattenere” i militari – considerati prigionieri di guerra –, la cattura del generale Alzate Mora e dei suoi due collaboratori è considerata inaccettabile non solo dal presidente Santos, ma anche da buona parte dei colombiani.

Resta da chiarire come mai il generale, che coordina tutte le operazioni militari della regione, stesse visitando una zona considerata ad alto rischio senza scorta e in abiti civili. Finora le autorità e il governo hanno dichiarato che non sono a conoscenza dei “motivi personali o d’intelligence per cui il generale ha violato tutti i protocolli di sicurezza”.

Camilla Desideri è l’editor di America Latina di Internazionale.

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