Il ballottaggio delle elezioni presidenziali in Uruguay, che si è svolto il 30 ottobre, non ha riservato nessuna sorpresa. Tabaré Vázquez, candidato della coalizione di centrosinistra Frente amplio, la stessa del presidente uscente José “Pepe” Mujica, ha vinto con il 53,6 per cento dei voti. Mentre Luis Lacalle Pou, il giovane candidato del Partido nacional (centrodestra) che al primo turno era arrivato secondo contro i pronostici, ha ottenuto solo il 41,1 per cento delle preferenze.

Vázquez, un medico oncologo di 74 anni, non è un politico alle prime armi. Negli anni novanta è stato sindaco di Montevideo, dove risiede la metà della popolazione del paese, e dal 2005 al 2010 ha guidato l’Uruguay facendo della lotta al tabacco una delle sue priorità. Ma il paese che eredita oggi è molto diverso da quello di dieci anni fa, quando gli uruguaiani uscivano da una delle peggiori crisi economiche della loro storia. L’Uruguay ha vissuto un decennio ininterrotto di crescita economica e la presidenza di Mujica ha portato questo piccolo paese latinoamericano, incastrato tra l’oceano Atlantico e l’Argentina, all’attenzione della stampa internazionale.

Nel 2013 l’Economist ha nominato l’Uruguay “paese dell’anno”. Non solo per lo stile di vita modesto di Mujica, un ex guerrigliero Tupamaros che va al lavoro con la sua vecchia Volkswagen, vive in una piccola fattoria di campagna con la moglie e i cani e devolve quasi tutto il suo stipendio a un progetto di case per i poveri. Ma per una serie di riforme che, se fossero applicate anche in altri paesi, migliorerebbero il mondo in cui viviamo: nel giro di soli due anni il parlamento di Montevideo ha approvato i matrimoni tra le persone dello stesso sesso, la legalizzazione della produzione, del consumo e della vendita di marijuana e l’interruzione di gravidanza.

Per Vázquez, che entrerà in carica il prossimo 1 marzo, la strada sembra quindi tutta in discesa: l’economia va bene, la disoccupazione è bassa e la povertà continua a diminuire. L’Uruguay è definito da molti analisti il paese più progressista dell’America Latina, Mujica ha firmato una serie di accordi per ridurre la dipendenza energetica e alle urne i cittadini hanno confermato la fiducia alla coalizione di governo. Ci sono però due temi che preoccupano gli uruguaiani e sui quali al nuovo presidente si chiede d’intervenire: l’istruzione e la sicurezza. Nei test internazionali Pisa del 2012, infatti, l’Uruguay si è piazzato al 55° posto su 65 paesi. E ha perso anche contro se stesso, perché è stato il risultato peggiore dal 2003. Per quanto riguarda la violenza, le statistiche indicano che l’Uruguay è un’oasi pacifica nella regione, anche se i cittadini denunciano un aumento della piccola criminalità

In questo secondo mandato Vázquez dovrà dimostrare di essere all’altezza delle aspettative degli uruguaiani al di là del “fattore Mujica”, che di certo ha inciso sulla sua vittoria.

Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it