Ho scoperto The Trinity session dei Cowboy Junkies (i cowboy tossici) a metà anni novanta, quando lavoravo nel reparto musica di una grande libreria di Roma. Il mio collega Stefano lo mise su e ne vendemmo subito quattro copie (ancora si vendevano i cd): chiunque entrasse nel reparto ci chiedeva che musica fosse e se lo prendeva. La quinta copia me la comprai io a fine giornata.
I Cowboy Junkies, una band alt country canadese molto influenzata da post punk e new wave, che aveva debuttato nel 1986, registrò The Trinity session in una sola seduta e con un solo microfono posizionato al centro della Church of the Holy Trinity di Toronto. Nessuna sovraincisione e nessun effetto speciale: solo una delicata trama acustica, l’incantevole voce di Margo Timmins e il riverbero della chiesa. L’album parte con la versione a cappella di un canto tradizionale dei minatori (Mining for gold), poi comincia il programma che è un misto di standard folk, country e gospel con qualche pezzo inedito della band. Spiccano una cover memorabile di Sweet Jane dei Velvet Underground e un’impalpabile e notturna Blue moon interpolata in un pezzo inedito.
La musica dei Cowboy Junkies è talmente minimale e impressionista da perdere i suoi contorni country folk per entrare in un territorio onirico e sospeso. The Trinity session ha avuto un buon successo di critica e ha fatto decollare la carriera dei Cowboy Junkies negli Stati Uniti, ma da noi lo hanno sentito in pochi. Per me regalarlo agli amici, comprarlo e ricomprarlo in ogni formato è stata quasi una missione degli ultimi vent’anni.
Cowboy Junkies
The Trinity session
RCA, 1988
Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it