Ogni tanto capita che dal nulla esca fuori una canzone perfetta. Would i lie to you? dello sconosciuto duo soul newyorchese Charles & Eddie uscì nel 1992 e fu un successo immediato. Niente marketing, niente effetti speciali e niente hype, anche il video era grazioso ma decisamente modesto. Charles Pettigrew ed Eddie Chacon non erano certo brutti, ma non erano neanche materiale da boyband. Eppure avevano il pezzo giusto e, soprattutto, le voci giuste. Would i lie to you? è ancora un piccolo miracolo: ha il fascino vintage del vecchio soul di Filadelfia, un tocco primi anni settanta nelle armonie vocali e nella strumentazione, ma anche un flow da pezzo hip-hop. Riesce a non sembrare modernariato nostalgico e allo stesso tempo non ha l’aria di una canzone affamata di successo.
Would i lie to you? è romantica, rilassata e ha qualcosa di dolcemente quotidiano: come la telefonata di una persona cara lontana. Rispetto a It ain’t over ‘til it’s over, che fu una grande hit dal sapore vintage per Lenny Kravitz giusto l’anno prima, è meno artificiosa. Kravitz, anche nel video, metteva consapevolmente in scena l’estetica del soul tra gli anni sessanta e settanta; Charles & Eddie l’hanno fatta propria, sembrano parlare l’idioma del vecchio pop soul come se fosse la loro lingua corrente. E poi ci sono le loro voci, un falsetto naturale mai troppo forzato. Charles ha una voce melodica e intonatissima che ricorda quella di Al Green ed Eddie un falsetto più aspro ma agilissimo, che ricorda quello Barry Gibb dei Bee Gees. Le loro linee vocali s’intrecciano con naturalezza e tutti i loro abbellimenti improvvisati sono di ottimo gusto e mai eccessivi.
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Would i lie to you? fu un successo istantaneo. Nel 1992 non si sentiva altro: sui canali tv musicali, nei negozi, nelle radio. Charles & Eddie erano ovunque, soprattutto in Europa e nel Regno Unito, dove nella top 5 dei singoli più venduti dell’anno compaiono insieme a I will always love you di Whitney Houston, Rhythm is a dancer degli Snap! e Stay delle Shakespears Sister. L’album che seguì, Duphonic, fu un buon successo di critica, un po’ meno di vendite. Would i lie to you? si è trasformata in una di quelle hit monstre che finiscono per cannibalizzare l’intera produzione presente o futura di un artista. Nel 1995, dopo il fiasco del secondo album, Chocolate milk, Charles & Eddie vengono, come si dice in gergo, “droppati” (ovvero licenziati) dalla loro etichetta, la Capitol Records.
I due rimangono amici ma prendono strade diverse: Charles va in tour con i Tom Tom Club (la band di Tina Weymouth, la bassista dei Talking Heads) e diventa di fatto un componente della band, Eddie invece scrive canzoni per altri (per esempio per la girlband britannica Eternal). Nel 2001 Charles Pettigrew muore di cancro ed Eddie, che era rimasto suo amico e si confrontava con lui tutti i giorni su questioni musicali, decide di abbandonare la musica per dedicarsi alla fotografia e all’art direction. Charles & Eddie, insomma, finiscono nel dimenticatoio delle one hit wonder, artisti pop che hanno avuto un solo pezzo di successo prima di sparire tristemente dalle scene, fenomeni da un solo successo, appunto.
Eddie Chacon, Hurt, 2020
In un’intervista a The Fader, Chacon confessa che non si sarebbe mai aspettato che un produttore sulla cresta dell’onda avrebbe proposto di lavorare a una ex pop star cinquantenne ferma da quasi trent’anni. E invece John Carroll Kirby gli propone di fare qualcosa insieme, non necessariamente un album. “Cosa succede al talento quando se ne sta lì inutilizzato?”, si chiede Chacon, “invecchia come il vino buono o sbiadisce nel tempo? Ero ossessionato da questo dilemma. Fare un nuovo album a 56 anni, dopo non aver fatto nulla nella musica per vent’anni, era il mio tentativo di trovare una risposta a questo dilemma”. E così, lentamente, sono nate le canzoni di Pleasure, joy and happiness, il primo album solista di una one hit wonder rassegnata da almeno due decenni al tramonto.
L’unica indicazione che dà a Kirby dice molto del suo stato d’animo: “Non voglio nulla che si noti troppo”. Un bel controsenso per un artista pop che si appresta a fare il suo ritorno sulle scene con un produttore di grido. Kirby però capisce tutto. Anzitutto invita Chacon ad ascoltare le composizioni mistiche e luminose del musicista (e maestro di yoga della risata) Laraji e poi lo incoraggia a tirare fuori le sue idee. Solo allora Chacon capisce cosa vuole, come musicista e forse come persona: vuole aspirare al nulla, ma tra il presente, per quanto complicato, e il nulla c’è tanto da esplorare. E anche tanto da apprezzare e da celebrare.
E così Pleasure, joy and happiness diventa un sorprendente album di nu soul maturo, meditativo e sognante. È una sorta di autoanalisi e di ricerca di ciò che ancora ci può essere di bello e di luminoso nella vita, non un album da ballare o su cui tamburellare le dita sul tavolo mentre si beve un aperitivo, ma qualcosa di più raccolto e spiritualmente nutriente. È sempre soul music, è sempre rnb, a tratti è anche pop, ma con in mente un obiettivo diverso: la trascendenza e il miglioramento di sé. È un disco in cui “niente si nota troppo”, è vero, ma è un disco in cui tutto contribuisce a creare uno stato d’animo d’intimità e raccoglimento ed è, fin dalle prime note, un invito all’ascolto attento.
Una voce nuova
Nonostante il titolo, Pleasure, joy and happiness è un album che parla di dolore da superare, di lutti da elaborare e di ambizioni ingombranti da lasciarsi alle spalle. In questo senso è davvero un’esperienza zen, un invito a liberarsi del bagaglio in eccesso. La voce di Eddie Chacon è cambiata: stile e intonazione sono sempre quelli ma quel falsetto così agile e immacolato ora è un po’ più scheggiato e roco, e spesso ama scendere di tono fino a diventare un crooning tenorile e vellutato. Chacon è sempre stato un cantante interessante, ma l’età gli dà una dimensione in più, una profondità che ai tempi del successo pop non aveva. A 56 anni suona come un Marvin Gaye sospeso in uno stato di levitazione o una Sade inglobata per sempre in un’ambra dorata. La sua è una via mistica e meditativa al nu soul e forse la deriva sciamanica e stregonesca dell’ultima Erykah Badu ha dietro motivazioni simili.
Non c’è una canzone che spicca sulle altre: Pleasure, joy and happiness è un percorso di scoperta di sé che partendo da una lamentela verso una persona la cui presenza si rivela dannosa (Trouble) arriva a un fragile equilibrio in cui, resistendo, ci s’illude di essere in controllo dei propri sentimenti (Above below). Ma forse basta così: saper apprezzare ciò che di bello esiste nella vita pur rimanendo sempre coscienti di essere sospesi sul nulla.
Eddie Chacon è tornato nel 2023 con un album altrettanto bello intitolato Sundown.
Eddie Chacon
Pleasure, joy and happiness
Day End Records, 2020
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