Di solito è Halloween il periodo dell’anno in cui ogni socialista che si rispetti riguarda Essi vivono (1988). Questo classico di culto, in cui occhiali da sole con lenti rivelatrici mostrano la mostruosità dei nostri padroni e la brutale società aliena che hanno creato, procura sempre un piacere nuovo a ogni visione.
Sebbene non abbia avuto un grande successo quando uscì, Essi vivono è uno dei film più apprezzati di John Carpenter, per la sua straordinaria preveggenza nel descrivere le conseguenze della rivoluzione reaganiana che travolse la società statunitense, in modo disastroso e pervasivo, a partire dagli anni ottanta. A proposito dell’apprezzamento successivo dimostrato nei confronti del film, Carpenter ha affermato che “con il passare degli anni, quel che gridavo e urlavo in campo economico è diventato dolorosamente chiaro a molte persone. Gli anni ottanta non sono mai finiti e sono ancora tra noi”.
Gli anni ottanta
Il film si concentra in particolare sul clima di lavaggio del cervello dell’epoca Reagan. C’è una scena in cui un opinionista televisivo afferma che è “morning in America” (è mattino negli Stati Uniti), lo slogan della campagna presidenziale di Reagan del 1980. Quello slogan incarna la follia consumistica degli anni ottanta, quando tutti erano invitati ad accumulare debiti con la carta di credito e a vivere al di sopra delle proprie possibilità e a venerare la ricchezza.
Questo bombardamento pubblicitario diceva a tutti che le cose andavano benissimo e che l’unico problema era il “pessimismo” di una minoranza di guastafeste. Nel frattempo, come mostra il film, le acciaierie e le fabbriche chiudevano, la disoccupazione aumentava, così come i senzatetto, mentre le forze di polizia sono state potenziate per sgomberare e reprimere le proteste politiche.
Ciò che stupisce è che Carpenter l’abbia denunciato in modo così diretto nel 1988, quando il secondo mandato della presidenza di Reagan si stava concludendo, e stava passando il testimone al suo vicepresidente George H. W. Bush, che avrebbe mantenuto la destra al potere negli Stati Uniti. Riconoscendo che il suo film probabilmente non poteva andare molto oltre un gesto di rabbia, Carpenter lo girò comunque. “Alla fine degli anni ottanta ne avevo abbastanza e decisi che dovevo fare una denuncia, per quanto stupida e banale. Ma ne feci una, ed è Essi vivono”, ha dichiarato all’Hero Complex film festival nel 2013.
Fuori fuoco
Per questo è esasperante leggere alcune recenti interviste e riflessioni su Essi vivono che provano a descrivere il film come una narrazione onnicomprensiva su chiunque pensi di avere in mano la verità e cerchi di convincere gli altri, dal Partito comunista degli Stati Uniti a QAnon. Quest’idea persiste anche dopo l’oltraggioso tentativo di gruppi antisemiti di destra di rivendicare il film come espressione delle loro posizioni. Commenti tipo “questo è, di gran lunga, il miglior film pro-bianchi di sempre” hanno spinto Carpenter a mettere le cose in chiaro su Twitter: “Essi vivono parla di yuppismo e di capitalismo sfrenato. Non ha nulla a che fare con la menzogna e la calunnia di un presunto controllo sul mondo da parte degli ebrei”.
Esistono tuttavia persone che scrivono strani articoli di commento che in maniera generica sostengono queste visioni, come questo volutamente ottuso sproloquio sulla morale della storia: “Con Essi vivono, molti degli spettatori più devoti del film commettono l’errore di guardare all’esterno per cercare i mostri che percepiamo ma non sempre riusciamo a vedere. È questo che rende il film, come tutte le teorie del complotto, una fantasia rassicurante; qualunque essa sia, la cosa che sta rovinando le nostre vite è là fuori, da qualche parte, anche se io sono una delle poche persone che se ne rende conto. Ma il mostro non è sempre là fuori, a perseguitarci come Michael Myers. A volte è dentro di noi”.
Questo commento ignora il fatto che, anche se riusciste a uccidere il mostruoso capitalista che è in voi, esisterebbero comunque i potenti che controllano il governo là fuori, esterni e veri come l’inferno. Stanno succhiando ogni risorsa possibile, distruggendo il pianeta, e rendendo sempre più difficile per voi e per i vostri concittadini permettersi un alloggio, un’istruzione, un’assistenza sanitaria e altri beni di prima necessità. Non si tratta di un’illusione percettiva, né di una fantasia consolatoria. Sta accadendo davvero.
Carpenter non ha dubbi sulla sua visione del film in relazione allo stato contemporaneo del mondo, come ha detto quando Donald Trump si è ricandidato alle elezioni nel 2020: “Ho girato Essi vivono nel 1988 e non è cambiato nulla! Tutto è rimasto uguale. La Reaganomics (la filosofia economica dell’epoca Reagan) ha continuato a prosperare. Il problema è il capitalismo sfrenato. Qui è venerato e adorato da tutti. Be’, non da tutti, ma da molte persone. È incredibile e ho paura. Il futuro mi fa semplicemente paura”.
Squarciare il velo
Nella trama di Essi vivono chiunque si opponga o anche solo riconosca lucidamente la situazione negli Stati Uniti è etichettato come comunista, il che consente una persecuzione senza limiti. La polizia ferma i rossi con retate brutali ed è così che vengono messi in circolazione degli occhiali da sole di contrabbando. E il film chiarisce che i poliziotti reclutati sono perlopiù umani, non alieni: umani che venerano l’autorità, desiderosi di far parte della squadra vincente e alla ricerca di capri espiatori da punire.
Qualsiasi presa di coscienza di ciò che sta accadendo è considerata un’enorme minaccia per i nuovi padroni alieni, che allertano le autorità con i loro telefoni di sorveglianza: “Eccone uno in grado di vedere, prendiamolo!”.
Il film è noto soprattutto per il meraviglioso espediente degli occhiali da sole speciali che permettono a chi li indossa di conoscere la realtà invisibile alla maggior parte della popolazione. Si tratta di una cupa distopia controllata da alieni colonizzatori che sommergono ideologicamente i colonizzati con messaggi subliminali. Ogni superficie è ricoperta da messaggi come “obbedisci”, “consuma”, “sposati e riproduciti”, “non mettere in discussione l’autorità” e “continua a dormire”.
Ma ciò che di solito non viene notato nella trama del film è che il protagonista John Nada può già “vedere” a un livello pericoloso prima ancora di entrare in possesso degli occhiali da sole. Nada è un operaio che ha perso il lavoro che faceva da dieci anni a Denver e ha dovuto lasciare la città alla ricerca di un nuovo impiego. Lo vediamo per la prima volta emergere sul lato sbagliato dei binari da dietro un treno di passaggio ricoperto di graffiti, a Los Angeles, mentre scorrono i titoli di testa.
Nada cammina con l’andatura ostinata di chi è in marcia da molto tempo, portando con sé tutto ciò che possiede in uno zaino, apparentemente abituato alla vita urbana e per nulla intimidito da essa. Nonostante i tempi duri, si aggrappa ancora al suo conformismo patriottico, tanto da fare un discorso sincero al disilluso operaio edile Frank Armitage (Keith David), dicendosi convinto che lavorando duramente le opportunità arriveranno, perché “io credo negli Stati Uniti”.
Tuttavia, a modo suo, Nada sembra un terreno fertile per la ribellione, per tre fattori. In primo luogo, è senza radici e senza legami familiari o figli che lo rendano vulnerabile al controllo. In questo è diverso da Armitage, che non vuole essere coinvolto in alcun tipo di problema e cita ripetutamente la moglie e i figli a Detroit come ragione per tenersi a ogni costo il suo lavoro nell’edilizia.
In secondo luogo, Nada rappresenta un modello d’operaio di un’epoca precedente, fisicamente temprato dalle dure esperienze, convinto di poter avere un lavoro stabile prima che gli eventi recenti lo costringessero a una vita da indigente e incline all’insolenza e al coraggio.
Carpenter era un grande fan del wrestling e intuì un modo per realizzare un film d’azione a basso costo
Il ruolo di Nada fu affidato, con un colpo di genio, alla stella della World wrestling entertainment “Rowdy” Piper. Carpenter era un grande fan del wrestling e intuì un modo per realizzare un film d’azione a basso costo negli anni ottanta, un’epoca dominata dall’azione, facendo di Piper un’insolita figura eroica, manifestamente indomita, ma con occhi tristi e sguardo solitario. Secondo Carpenter, “sarebbe stato credibile come lavoratore, come tuta blu… Roddy ha delle cicatrici sul viso. Sembra che ne abbia passate tante”.
Piper aveva effettivamente avuto un’infanzia difficile, essendo fuggito da una famiglia problematica dopo un litigio con il padre poliziotto. Aveva vissuto da solo, spesso senza fissa dimora, dalla prima adolescenza. Il suo spirito ferito, ma ribelle traspare dai suoi occhi e dal suo modo diffidente e solitario di muoversi in un mondo ostile.
E poi c’è il terzo fattore: la pericolosa abitudine di Nada di girovagare da solo osservando il mondo in cui vive. Non è interessato all’onnipresente programmazione televisiva che sembra affascinare tutti gli altri, e non ha soldi per fare acquisti. Per questo vaga senza meta, prestando attenzione a ciò che lo circonda. E prendendo perfino in prestito un binocolo per guardare meglio certe stranezze che ha notato.
È così che si accorge che la “chiesa metodista africana”, vicino all’accampamento di senzatetto dove lui e Armitage alloggiano, funziona in modo bizzarro, e organizza riunioni alle quattro del mattino. Approfondisce le indagini e scopre che gli inni religiosi provenienti dall’edificio sono registrati su nastro e che all’interno si trova un laboratorio.
Vedere per credere?
È una delle grandi intuizioni di Carpenter: le persone devono avere il tempo e la libertà mentale di osservare ciò che gli accade intorno e di interrogarsi in proposito, prima che possa esserci una reazione politica. È una cosa che ci fa capire quanto sia vantaggiosa la posizione dei nostri padroni di oggi: praticamente tutti coloro che potrebbero opporsi al sistema attuale lavorano 24 ore su 24, in uno stato di esaurimento, solo per tirare avanti.
Come dimostra il resto del film, cercare di far vedere la terribile verità a persone che non possono – o più probabilmente non possono permettersi di – vederla spontaneamente è una lunga battaglia che, nella maggior parte dei casi, fallisce. Com’era la grande frase di Upton Sinclair? “È difficile far capire qualcosa a un uomo, quando il suo stipendio dipende dal fatto che egli non capisca quel qualcosa”.
E Carpenter illustra questo aspetto, con cupa comicità, quando Nada tenta di dire alle persone ciò che sa sul mondo in cui vivono, e viene respinto e deriso con rabbia prima che chiamino la polizia ad arretarlo. Il tutto finisce in una selvaggia sparatoria che fa di lui un fuggitivo.
L’ultimo tentativo di condividere la sua visione delle cose lo porta all’epica battaglia con Armitage, il solo amico che ha, quando cerca di convincerlo a guardare attraverso gli occhiali da sole. I sei minuti di lotta che ne derivano (e sembrano molto più lunghi) vanno oltre il limite dell’assurdo: i due si prendono a pugni, spintoni, calci e colpi di lotta libera fino a perdere quasi i sensi, rimettendosi poi faticosamente in piedi per combattere ancora un po’. Nada deve spendere le sue ultime energie per appoggiare gli occhiali sugli occhi del recalcitrante Armitage.
Dopo aver trovato l’idea degli occhiali da sole, Carpenter doveva trovare il modo di mettere in scena il risveglio politico in maniera diretta e tangibile: “Ho cercato di guardare le cose con gli occhi dei rivoluzionari: come svegliare la gente e fargli vedere in che mondo vive?”.
La visione distopica di Carpenter si conclude cupamente, con entrambi i protagonisti, Nada e Armitage, che muoiono nel tentativo di distruggere il trasmettitore degli alieni. Ovunque, e all’improvviso, gli alieni smascherati si rivelano per quel che sono, cioè colonizzatori da incubo, in pubblico e sugli schermi televisivi di tutto il mondo, senza che ci sia bisogno di occhiali da sole per riconoscerli: il finale più allegro che Carpenter abbia fornito nei suoi film.
Naturalmente, un sequel di Essi vivono potrebbe chiedersi se per la maggior parte degli esseri umani il vedere la realtà coincida con il crederci. Il rifiuto di riconoscere quelli che potrebbero sembrare fatti dimostrabili, anche dopo che sono stati dimostrati nel modo più completo possibile, è al cuore del recente Don’t look up, per esempio.
Il rifiuto di massa di riconoscere gli alieni come tali – basato su una serie di argomentazioni molto diffuse tra il pubblico come il fatto che sì gli alieni colonizzano, sterminano ed esauriscono tutte le risorse della Terra però creano anche posti di lavoro – un grande movimento con slogan come “Basta con la sinistra tollerante” e “Benvenuti ai nostri padroni alieni” … insomma le opportunità non mancano. Forse possiamo convincere Carpenter, che ha accennato a un suo ritiro, a girare Essi vivono 2.
(Traduzione di Federico Ferrone)
Questo articolo è uscito sulla rivista statunitense Jacobin.
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