Nel giro di poco tempo la Russia è riuscita a riconquistare un ruolo di primo piano in Africa. Oggi, sul continente africano, Mosca commercia, rafforza la sua influenza politica e fa avanzare i suoi pedoni in campo militare. Questa manovra su più fronti, gestita soprattutto da Evgenij Prigožin, imprenditore vicino a Vladimir Putin, è malvista dai partner storici dei paesi africani, come la Francia.

Qualche settimana fa, sulla strada che porta dall’aeroporto di Bangui, in Repubblica Centrafricana (Rca), al centro della città, è apparso un nuovo cartellone con la scritta “cooperazione tra Centrafrica e la Russia” (in sango, la lingua nazionale) sovrapposta all’immagine di due soldati e delle bandiere dei due paesi sorvolate da elicotteri militari. Nel momento in cui è stato affisso il cartellone, il presidente della vicina Repubblica del Congo, Denis Sassou-Nguesso, si trovava al Cremlino in compagnia di Putin. Al termine della visita, i due capi di stato hanno annunciato la firma di accordi di partenariato tra i rispettivi paesi.

L’Rca e il Congo sono soltanto due esempi della strategia con cui, ormai da due anni, la Russia sta lentamente mettendo piede nel continente africano. O forse sarebbe meglio dire “rimettendo piede”, perché già in passato Mosca aveva avuto un ruolo cruciale nel continente. Ai tempi dell’Unione Sovietica, infatti, il Cremlino sosteneva militarmente e diplomaticamente numerosi movimenti di liberazione in Sudafrica, Mozambico, Angola, Zimbabwe e altri paesi, collaborando al contempo con diversi stati tra cui Madagascar, Benin, Repubblica del Congo, Repubblica Democratica del Congo (Rdc), Guinea e Ghana, mentre decine di migliaia di studenti africani avevano la possibilità di studiare nelle università sovietiche. Poi, però, il crollo dell’Unione Sovietica ha cambiato tutto, e i rapporti tra Mosca e l’Africa subsahariana si sono progressivamente allentati fino a diventare quasi inesistenti.

Se la Russia s’interessa all’Africa è anche perché vorrebbe trovare uno sbocco per le sue aziende

L’impegno attuale della Russia in Africa è in gran parte “legato alla volontà del presidente Putin di restituire lo status di grande potenza al suo paese”, spiega Theo Neethling, direttore del dipartimento di studi politici dell’università del Free State, in Sudafrica. In un documento pubblicato nel 2016 dal ministero degli esteri russo si legge che “la Russia amplierà la sua collaborazione diversificata con gli stati dell’Africa su base bilaterale e multilaterale per perfezionare il dialogo politico, lo sviluppo di legami commerciali ed economici reciprocamente vantaggiosi e il rafforzamento del partenariato globale per difendere gli interessi comuni; in più contribuirà alla prevenzione dei conflitti regionali e di situazioni di crisi oltre che al regolamento dei conflitti in Africa”.

Le ambizioni di Mosca si sono palesate nel 2018, quando il ministro degli esteri russo Sergej Lavrov ha effettuato un lungo viaggio in Africa australe e centrale. Inoltre, nel giro di pochi mesi, la Russia è riuscita a diventare un attore di primo piano nella Repubblica Centrafricana, all’epoca ancora nella sfera della Francia.

Se la Russia s’interessa all’Africa è anche perché vorrebbe trovare uno sbocco per le sue aziende, colpite dalle sanzioni economiche occidentali imposte alla Russia dal 2014, precisa Theo Neethling. Attualmente le aziende russe sono attive soprattutto nel settore dell’energia in Angola, in Kenya, in Nigeria, in Uganda, in Zambia e nei paesi del Nordafrica, tra cui Egitto e Algeria. Ma i russi operano anche nei settori degli armamenti e della sicurezza privata. Mosca ha già firmato una ventina di accordi di collaborazione militare con paesi come Burkina Faso, Rdc, Etiopia, Mozambico e più recentemente Sudan. L’accordo concluso con il Congo prevede l’invio di consulenti militari a Brazzaville per missioni di formazione e manutenzione delle apparecchiature. Si parla anche di una vendita di armi. Nel mirino di Mosca è finito anche il Mali, e a fine marzo il primo ministro Dmitri Medvedev ha dato il via libera a un accordo basato sulla formazione delle forze armate maliane.

Un altro settore che coinvolge il potere politico ed economico russo è quello delle risorse minerarie. Il gigante minerario Alrosa sfrutta già i giacimenti di diamanti in Angola e Botswana, e di recente è arrivato in Zimbabwe per operare in un giacimento di platino. Altre società minerarie russe sono presenti in Rdc, Rca e Namibia, senza dimenticare le ricchezze minerarie del Madagascar, paese in cui la Russia esercita una pressione politica crescente. Secondo un’inchiesta della Bbc, infatti, durante le elezioni presidenziali del dicembre del 2018 alcuni agenti e uomini d’affari russi hanno consegnato denaro a uno o diversi candidati. Gli emissari di Mosca hanno fatto presente ad almeno un candidato che lo avrebbero aiutato se al secondo turno si fosse impegnato ad appoggiare un candidato sostenuto dal Cremlino. Non è chiaro se il vincitore dello scrutinio, Andry Rajoelina, abbia effettivamente goduto di questo vantaggio. Intervistato dalla Bbc, Rajoelina ha negato. “Esattamente come Donald Trump ha negato che il governo russo sia intervenuto nelle elezioni presidenziali del 2016”, sottolinea Theo Neethling, convinto che esistano similitudini nelle due presunte ingerenze. “In entrambi i casi è stato citato più volte il nome di Prigožin”, l’imprenditore russo vicino a Putin.

L’uomo di Putin
Originario di San Pietroburgo, Prigožin, 58 anni, è stato messo sotto accusa negli Stati Uniti per aver interferito nell’ultima campagna presidenziale e si presume che sia il direttore dell’Internet research agency (Ira), la “fabbrica di troll” che inonda le reti sociali di propaganda filorussa. Prigožin, figura centrale delle attività russe in Africa, sarebbe legato a società minerarie e di sicurezza privata, tra cui il gruppo Wagner, chiamato in causa nell’omicidio del luglio 2018, in Rca, di tre giornalisti russi che indagavano sulle attività dell’organizzazione per conto di una testata finanziata dall’uomo d’affari in esilio, Michail Khodorkovski (Mosca ha respinto le accuse).

Gli agenti politici e i mercenari di Prigožin “offrono apparentemente servizi di sicurezza e addestramento all’uso di armi e della propaganda elettorale in cambio di diritti di estrazione e altri vantaggi economici. Prigožin sarebbe attivo in dieci paesi africani con cui l’esercito russo mantiene già un rapporto di collaborazione: Rdc, Sudan, Libia, Madagascar, Angola, Guinea, Guinea-Bissau, Mozambico, Zimbabwe e Rca”, spiega Theo Neethling. Secondo una fonte diplomatica, gli affari e gli interessi opachi di Prigožin si confondono con quelli del suo paese.

Il Madagascar non è l’unico paese in cui la Russia si è impegnata sul piano politico. Gli uomini di Mosca sono attivi anche in Sudan, dove il Cremlino ha sostenuto Omar al Bashir fornendogli tra le altre cose preziosi consigli per screditare gli oppositori, come sostiene un articolo del Guardian. Nel 2018 la Russia ha ignorato i negoziati avviati dall’Unione africana (Ua) per trattare direttamente con il governo centroafricano e i gruppi ribelli organizzando consultazioni parallele. In seguito, però, Mosca ha cambiato strategia, e alla fine di gennaio del 2019 ha partecipato attivamente (seppur con discrezione) all’organizzazione di un “dialogo nazionale” centrafricano sotto l’egida dell’Ua in Sudan. I russi hanno accompagnato a Khartoum i capi di alcuni gruppi armati, in un caso fornendo una scorta, e messo pressione ai rappresentanti dei ribelli affinché firmassero l’accordo di pace raggiunto nell’ambito del “dialogo nazionale”, alla presenza del responsabile del dipartimento per l’Africa del ministero degli esteri russo.

Esiste una reale volontà di spodestare la Francia sul piano politico ed economico

Il “ritorno” della Russia continua a suscitare malumori, in particolare da parte delle autorità francesi che ritengono il comportamento di Mosca in Rca ostile e poco corretto. I russi, dal canto loro, sostengono che il loro impegno in Africa si basa sul rispetto reciproco, ed è portato avanti senza arroganza e seguendo le regole internazionali, anche perché la Russia è un membro permanente del Consiglio di sicurezza dell’Onu. “Non penso che la Russia tenti deliberatamente e direttamente di indebolire le grandi potenze occidentali presenti in Africa”, sottolinea Theo Neethling, pur ammettendo che le ambizioni economiche russe in Africa possono contrastare con gli interessi della Cina e dei paesi occidentali.

“Quello che sta succedendo è più importante di quanto sembri. Esiste una reale volontà di spodestare la Francia sul piano politico ed economico con l’idea di liberare i paesi ancora sotto l’influenza di Parigi”, afferma un imprenditore africano in contatto con alcuni funzionari russi. Una serie di documenti riservati consegnati al Guardian dal Dossier Center, una struttura fondata e finanziata da Michail Khodorkovski, sembrano confermare questa tesi. Secondo i documenti, a quanto pare provenienti dai vertici di Mosca, il piano della Russia sarebbe quello di “estromettere dalla regione gli Stati Uniti e le vecchie potenze coloniali, Francia e Regno Unito”. Il quotidiano britannico riferisce anche dell’esistenza di una mappa del dicembre del 2018 che mostrerebbe il livello di cooperazione tra le società legate a Prigožin e i governi africani, paese per paese, con simboli diversi per indicare i legami militari, politici ed economici, i progetti mediatici e umanitari ma anche “la rivalità con la Francia”.

Una cosa è certa: la Russia ha sfruttato il sentimento anti francese esistente in Rca e sempre più diffuso nei paesi della regione. Messaggi critici nei confronti della Francia, apparentemente coordinati, sono stati diffusi dai mezzi di comunicazione e durante le manifestazioni. Gli slogan anti francesi sono stati scanditi spesso durante la campagna elettorale in Madagascar, a cominciare dalla richiesta che Parigi restituisca al paese le isole Éparses, ricche di petrolio e gas e a cui la Russia sembra molto interessata. In Mali, dove cresce l’ostilità nei confronti dell’operazione Barkhane, gruppi della società civile attaccano la “politica imperialista della Francia” e si dichiarano risolutamente filorussi.

In generale, nel caso della Rca la Russia ha saputo approfittare degli errori politici della Francia per prenderne il posto. “Parigi ha sbagliato tutto in Rca”, sottolinea un analista francese. Quando il paese era in piena decadenza, infatti, le autorità francesi hanno trattato con distanza e disprezzo Faustin-Archange Touadéra, eletto nel 2016, perché non faceva parte della lista di candidati presidenziali sostenuti da Parigi. La cancellazione, nell’ottobre del 2016, dell’operazione militare Sangaris, considerata troppo costosa, ha messo ulteriormente in difficoltà il paese e il suo presidente. Certo, l’operazione Sangaris era poco efficace e macchiata da accuse di violenza sessuale e collusione con gruppi armati, ma resta il fatto che l’esercito centroafricano era ancora meno capace di garantire la sicurezza nel paese, così come le forze armate di Minusca, la missione dell’Onu coinvolta anch’essa da accuse di molestie e connivenza con i ribelli.

Nuove alleanze
E così ciò che era ampiamente prevedibile è regolarmente accaduto: nell’ottobre del 2016 Faustin-Archange Touadéra si è rivolto alla Russia. Nel giro di poco tempo Mosca ha fornito al governo armi, 175 istruttori civili e militari, diversi consulenti e una scorta per il capo di stato. Nel frattempo il governo francese, sicuro del fatto suo, continuava a ignorare gli allarmi lanciati dai suoi diplomatici sul campo. Quando Parigi si è “risvegliata” e ha cercato di riconquistare il terreno perduto, era ormai troppo tardi. Simbolo di questo fallimento, accanto ai cartelloni apparsi di recente a Bangui per vantare la collaborazione russo-centrafricana campeggiano ancora quelli, più vecchi ma ancora visibili, che glorificavano i legami franco-centroafricani. Lo stesso scenario potrebbe ripresentarsi altrove, perché “l’incuria francese è simile ovunque”, ammette una fonte diplomatica. “Potremmo avere con la Francia rapporti giusti e proficui per tutti, ma le élite francesi non lo capiscono. Per questo siamo costretti a rivolgerci agli altri, tra cui i russi. Rappresentano una soluzione per l’Africa”, commenta l’imprenditore africano citato in precedenza.

L’impegno di Mosca, in effetti, potrebbe rivelarsi benefico per gli stati africani, soprattutto per quelli che hanno interesse a diversificare i partner per mantenere la propria indipendenza. “I paesi africani hanno bisogno di molti investimenti internazionali per alimentare la loro crescita economica, dunque potrebbero trarre giovamento da rapporti commerciali solidi con le principali potenze mondiali”, osserva Theo Neethling. Ma ci sono anche diversi rischi: “Gli accordi commerciali non devono essere a senso unico e avvantaggiare soltanto le grandi potenze. I paesi africani non possono ritrovarsi sfruttati e vittime dell’ingranaggio geopolitico. I leader africani devono assicurarsi che i loro paesi traggano giovamento dai rapporti con uno stato come la Russia”.

Di recente il governo camerunese, storicamente legato alla Francia e agli Stati Uniti, ha potuto contare sull’appoggio di Mosca durante una riunione informale organizzata il 13 maggio su iniziativa di Washington al Consiglio di sicurezza dell’Onu. L’argomento della riunione era la crisi umanitaria nelle due regioni anglofone del Camerun, dove è in corso una guerra tra le forze regolari e alcuni gruppi armati. Mentre alcuni esponenti del Consiglio evocavano la possibilità di un intervento internazionale, la Russia si è opposta, insieme alla Cina. “La nostra posizione è chiara. Rispettiamo il principio della non ingerenza negli affari interni di questo stato. Se il governo del Camerun chiederà alla Russia di fare qualcosa, valuteremo”, ha precisato poco dopo l’ambasciatore russo a Yaoundé.

La progressione della Russia in Africa vivrà una nuova tappa in ottobre, quando il Cremlino organizzerà per la prima volta un vertice Russia-Africa dedicato alla cooperazione economica e di sicurezza. La riunione, che si svolgerà a Soči, “sarà un segnale forte del ‘ritorno’ della Russia come attore di primo piano in Africa”, spiega un diplomatico. Il rimescolamento delle influenze straniere nel continente africano, evidentemente, non si è ancora concluso.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

Questo articolo è stato pubblicato sul sito di notizie francese Mediapart.

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