Quelle che si incontreranno sulle poltrone di velluto di Montecitorio e Palazzo Madama sono due Italie che non hanno nulla in comune, e che si detestano a vicenda. Due facce del paese rappresentate da due sfrenati populisti come Beppe Grillo e Silvio Berlusconi.

La prima è impaziente e profondamente insoddisfatta, e non vede l’ora di mettere in difficoltà la casta. L’altra rappresenta l’Italietta di sempre: quella dei politicanti e dei compromessi, degli indagati e raccomandati, del bunga bunga e della barzelletta sconcia.

E in mezzo a queste due Italie c’è un partito che dopo il successo delle primarie si è fermato senza convinzione a metà strada, per godersi una vittoria elettorale ritenuta già conquistata. Un partito che voleva smacchiare il giaguaro, ma ha rischiato di essere sbranato.

Sono queste le tre Italie che dovranno convivere in parlamento: quella giovane e impaziente dell’antipolitica e della lotta contro i privilegi, quella tradizionale e consolidata del riformismo socialdemocratico e quella del conflitto d’interessi e dell’immobilismo del Cavaliere. Ora ci vorrà quello che ai partiti è mancato: la capacità di dialogo e di mediazione.

I 160 parlamentari del Movimento 5 stelle non assomigliano al loro leader che arringa la folla in piazza. L’esperienza ci insegna che sono prevalentemente giovani, volenterosi e spesso inesperti, che sognano un profondo cambio del paese e che si sentono più cittadini che parlamentari. Ne è espressione il sindaco di Parma Federico Pizzarotti, una persona equilibrata e tranquilla, che in una città terremotata da scandali cerca di stare dalla parte del bene comune.

Certo, sarà molto difficile trovare un’alleanza stabile. Ma si potrebbe cercare di superare le diffidenze reciproche con una serie di leggi e misure da varare in poche settimane: una legge contro la corruzione, la riduzione del numero dei parlamentari sempre promessa e mai realizzata, la riforma della legge elettorale, le misure contro i privilegi dei politici, una limitazione dei mandati politici a tre, un divieto di candidare condannati e indagati, misure contro la speculazione finanziaria - una lunga lista di leggi e misure che i cittadini italiani si aspettavano dall’uscita del bestseller La casta di Gian Antonio Stella e Sergio Rizzo cinque anni fa.

Non c’è dubbio che il Partito democratico abbia sottovalutato la rabbia di milioni di cittadini, che per frustrazione alla fine hanno scelto l’antipolitica di Grillo. Non è il comico a entrare in parlamento. Sono 160 cittadini che hanno fretta cambiare il paese. Di  fare quello che i partiti in decenni non sono riusciti a fare. C’era bisogno di una sveglia brusca.

In parlamento, anche senza il Cavaliere, c’è una netta maggioranza. Quella di due Italie diffidenti condannate a collaborare. Con una mediazione capace e con molta pazienza reciproca. Per un cambiamento di un paese, che domenica ha espresso il suo profondo malessere in modo inequivocabile.

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