L’orsa Daniza nel Parco naturale Adamello Brenta, il 18 maggio 2000. (Provincia Autonoma di Trento/Ap/Lapresse)

L’uccisione di un’orsa con un’overdose di narcotico ha scatenato un’ondata di emozioni che supera di gran lunga la compassione per l’ultimo naufragio di migranti con centinaia di vittime. Oltre centomila firme, manifestazioni di protesta e accuse di animalicidio, indagini della procura, richieste di dimissioni e frecciate da parte dei concorrenti di Cortina: “Venite in vacanza nelle Dolomiti bellunesi, noi non uccidiamo le mamme orse”.

Mentre il presidente del Trentino-Alto Adige Ugo Rossi parla di “fatalità”, il Pd stenta a nascondere la rabbia: “L’epilogo della cattura di Daniza è esattamente quello che non doveva accadere.” Giusto. Ma sotto lo slogan “Siamo tutti Daniza” si è formata un’alleanza anomala di migliaia di persone politicamente e ideologicamente eterogenee, che forse vedono nella morte di Daniza la metafora di una natura sempre più sotto attacco.

Le Alpi (e non solo) sono diventate un gigantesco parco giochi, dove la natura è stata declassata a una specie di sfondo. Ci si sdraia con un drink davanti al rifugio per ammirare le vette e i ghiacciai. Si fa la fila sulle vie ferrate per provare il brivido della montagna. La cementificazione avanza, ogni anno aumenta il numero degli impianti di risalita (non ultimo il progetto della funivia di otto chilometri che dovrebbe collegare gli impianti del monte Rosa e quelli del Cervino). In questo patrimonio naturale devastato, agli orsi spetta il compito delle comparse che dovrebbero rappresentare la natura selvaggia.

E qui si pone la domanda fondamentale: dobbiamo difendere i turisti dagli orsi o gli orsi dai turisti? Un orso che protegge i suoi cuccioli è anomalo e dev’essere catturato? La natura dev’essere una decorazione e non disturbare gli intrusi, i gitanti e i cercatori di funghi che non hanno la più pallida idea come ci si comporta davanti ad un orso.

 

L’uccisione di Daniza non è un “incidente”, come sostiene la giunta provinciale di Trento. È il fallimento della convivenza sempre più difficile in un territorio troppo ristretto per evitare incontri, in cui gli orsi, a differenza dei turisti, non portano soldi. E i turisti, a differenza degli orsi, non possono essere catturati.

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