Quando un anno fa con Matteo Renzi è arrivato al governo il più giovane premier della storia italiana, ognuno poteva rendersi conto dell’inizio di una nuova era. Disinvolto e con la mano nella tasca della giacca, i suoi discorsi erano lontanissimi dal politichese dei suoi predecessori. Ma dopo il primo anno di governo, cos’è rimasto dell’immagine del rottamatore? E qual è il bilancio concreto dopo 12 mesi?

Ovviamente lui continua a spargere ottimismo a piene mani: “Sono assolutamente certo che l’Italia si è già rimessa in moto”, sostiene in tv, traendo un bilancio positivo: “Il paese ha fiducia nelle riforme ed è convinto che le cose ora si fanno”.

La fiducia iniziale in Renzi è calata da 65 a 48 punti, con una leggera risalita nelle ultime settimane. Tra luci e ombre non è facile valutare oggettivamente il suo primo anno di governo. A giudicare dalla realizzazione delle numerose promesse, il bilancio sarebbe senz’altro negativo. Ma un giudizio sul suo operato non può non prendere in considerazione il fatto che l’Italia per anni ha eluso le necessarie riforme strutturali ed è stata un paese sull’orlo del collasso. Non mi pare giustificato il giudizio di molti osservatori secondo cui Renzi non ha fatto quasi niente e quel poco lo ha fatto in modo superficiale.

Ha messo 80 euro mensili nella tasche dei lavoratori a reddito basso e ha ridotto l’Irap agli imprenditori. L’abbassamento dei contributi sui neoassunti sta avendo un impatto positivo sull’occupazione. Renzi ha formato un governo a parità di genere e con una litigiosità molto bassa. Pochi giorni fa ha varato il tanto sbandierato Jobs act e seppellito quel totem della sinistra che era l’articolo 18. Le riforme annunciate della giustizia e della scuola sono invece rimaste al palo. Lo sblocco del pagamento dei debiti della pubblica amministrazione alle imprese si è fermato a metà.

Le due riforme più controverse sono quella elettorale e quella costituzionale. Alla legge elettorale manca solo il voto della camera, la riforma del senato potrebbe vedere la luce alla fine dell’anno. I successi personali di Renzi sono stati la nomina di Federica Mogherini come Alto rappresentante dell’Ue, la schiacciante vittoria del Pd alle europee e l’elezione di Sergio Mattarella alla presidenza della repubblica.

Negative invece le polemiche con Carlo Cottarelli sulla revisione della spesa che è rimasta lettera morta. Tra gufi, rosiconi, hashtag e tweet Renzi si è confermato un comunicatore perfetto, anche se le sue battute e il suo stile rischiano di stancare. Blande le liberalizzazioni varate pochi giorni fa per favorire maggiore concorrenza, a conferma del consolidato potere delle lobby in Italia, notai e farmacisti in testa. Difficile dire se la leggera crescita del pil e il calo dei disoccupati siano merito di
Renzi. Il merito potrebbero averlo avuto anche il calo del prezzo del greggio, il tasso di cambio dell’euro rispetto al dollaro e l’aumento degli ordinativi nell’industria.

I gufi sono avvertiti: dopo 12 mesi vissuti pericolosamente Matteo Renzi comincia il suo secondo anno di governo con una spinta notevole, mentre il partito del suo rivale Silvio Berlusconi si sta sfaldando pericolosamente. A questo punto potrebbe perfino cercare di mettere mano ai regolamenti bizantini del parlamento che permettono di seppellire proposte di legge sotto una valanga di oltre cinquantamila emendamenti.

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