Tra le misure chieste dalla troika – Commissione europea, Banca centrale europea e Fondo monetario internazionale – in cambio dei prestiti concessi alla Grecia per far fronte ai suoi debiti, c’è la privatizzazione di gran parte del patrimonio pubblico, dalle ferrovie all’acqua, al porto del Pireo e alle centrali elettriche. E nello stesso tempo, le autorità greche devono decidersi ad aprire diversi settori alla concorrenza, come vuole la dottrina di Bruxelles. Ma è questa la soluzione migliore per rimpinguare le casse dello stato?
Mica tanto, se si da retta agli autori di Catastroika. La privatizzazione entra in borsa. Realizzato da Aris Chatzistefanou e Katerina Kitidi, già autori del graffiante Debtocracy, questo documentario finanziato in modo partecipativo (è possibile fare una donazione sul sito) e disponibile online denuncia i misfatti delle privatizzazioni compiute negli ultimi vent’anni in giro per il mondo.
A cominciare da quelle che hanno segnato il passaggio – insomma – verso l’economia di mercato in Russia, nel 1993, e che costituiscono un caso da manuale di cosa non bisognerebbe fare: fabbriche e palazzi svenduti, corruzione, nascita di un’oligarchia onnipotente, mancate conversioni… il tutto nella più totale opacità, ma con la benedizione della Banca mondiale e del dipartimento di stato americano (va detto che i greci sono i campioni dell’antiamericanismo in Europa). Quella che sarebbe dovuta essere la vetrina del trionfo del capitalismo liberista si è rivelata “una delle più grandi catastrofi della storia”, commenta un’economista greca.
Si continua con la privatizzazione – anch’essa catastrofica – delle ferrovie britanniche, passando per la “messa in vendita” del patrimonio della Germania orientale compiuto dalla Treuhand tedesca dopo la riunificazione.
Dal quadro emerge però un esempio virtuoso: quello di Eau de Paris, la società pubblica che, quindici anni dopo la privatizzazione dell’acqua a Parigi, ha ripreso in mano il servizio, con beneficio di tutti (pare).
Quello che denunciano gli autori è in particolare il carattere antidemocratico delle misure imposte da Bruxelles alla Grecia e che la troika – definita “giunta” da diverse pernsonalità nel film – è incaricata di far eseguire. Tra queste ultime ci sono economisti, giuristi, sociologi greci e stranieri, ma anche nomi che i lettori di Internazionale conoscono bene, come il regista britannico Ken Loach, la militante no-global canadese Naomi Klein e il filosofo sloveno Slavoj Žižek.
Certo, gli autori hanno un punto di vista molto netto e filomarxista per molti versi, ma il loro film ha il merito di esistere e di farci vedere cose e sentire persone che sono o poco conosciute o che comunque non si sentono spesso dalle nostre parti e permette di mettere in luce uno dei fenomeni che hanno segnato gli ultimi anni e, verosimilmente, segneranno anche i prossimi.
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