Di chi sono le notizie? Durante la prima guerra mondiale le notizie dal fronte arrivavano ai giornali americani da due agenzie di stampa, Ap e Ins. Irritati per quello che Ins aveva scritto sulle perdite britanniche, gli Alleati decisero di vietare ai giornalisti di quest’agenzia l’uso delle loro linee telegrafiche, di fatto impedendogli di mandare le notizie negli Stati Uniti. Per aggirare il divieto, Ins cominciò a usare i dispacci di Ap, riscrivendo le notizie senza citare la fonte. Ap portò Ins in tribunale e vinse. La corte stabilì che i fatti non possono essere coperti da copyright, ma che le agenzie di stampa possono rivendicare l’esclusiva “sui loro prodotti (le notizie) finché hanno un valore commerciale”, cioè finché sono hot, calde. È la “Hot news doctrine” e di recente se n’è parlato molto negli Stati Uniti perché è proprio appellandosi a questa dottrina che alcuni giornali, dal New York Times al Washington Post, hanno chiesto che Google e Twitter smettano di riprendere le loro notizie. Non hanno calcolato, però, che negli ultimi cent’anni si è molto ridotto il periodo di tempo in cui una news resta hot. Tom Glocer, il capo della Reuters, un’altra grande agenzia di stampa, ha azzardato una stima: tre millisecondi.
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