Svegliandosi alle otto di mattina di un giorno di aprile del 2000, un ragazzo di venticinque anni non spegnerebbe la sveglia del suo smartphone poggiato in carica sul comodino. Non controllerebbe su WhatsApp i nuovi messaggi. Non darebbe un’occhiata a Twitter e a Facebook per sapere cos’hanno fatto gli amici la sera prima. Non scaricherebbe il nuovo numero della sua rivista preferita per sapere cosa c’è in copertina.

Una volta uscito di casa, non si collegherebbe al wifi di un bar per far vedere a un amico il video di un gruppo inglese scoperto su YouTube. Non cercherebbe su Google Maps la strada più rapida per andare a un appuntamento di lavoro. In bicicletta, non ascolterebbe la musica sull’iPod. Non fotograferebbe un incredibile arcobaleno con lo smartphone. Non metterebbe online le foto appena fatte.

Tornato a casa, non consulterebbe Wikipedia per trovare i titoli dei film di un regista di cui ha sentito parlare per la prima volta a cena. Non chiamerebbe su Skype un’amica andata a vivere all’estero, non le farebbe vedere il maglione rosso ricevuto in regalo qualche giorno prima per il suo compleanno. Non pagherebbe la bolletta della luce online. Non controllerebbe l’estratto conto sull’app della banca. Non farebbe una rapida chat con suo fratello per discutere di politica.

La sera, non cercherebbe voli low cost e non prenoterebbe un albergo economico per un weekend con la fidanzata. Non ascolterebbe la radio online. Non vedrebbe in diretta streaming un noioso talk show. Esausto, non prenderebbe il tablet per leggere in versione originale l’ultimo romanzo del suo scrittore preferito. E si addormenterebbe senza immaginare come sarà diversa una sua giornata tredici anni dopo.

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