Simone Scaravelli ci scrive per contestare “una prassi invalsa ormai sulla maggior parte della stampa colta e adottata dal vostro giornale”: l’eliminazione dell’articolo davanti ai cognomi di donna. “Per intendersi”, spiega, “un tempo si diceva ‘la Callas’, ora si dice (si deve dire?) ‘Callas’”.
Il nostro lettore ricorda che questo è l’uso consigliato da Alma Sabatini nelle sue Raccomandazioni per un uso non sessista della lingua italiana, un documento promosso dalla presidenza del consiglio e dalla commissione per la parità e per le pari opportunità nel 1986. Ma lui si dice “contrario agli interventi della politica nelle regole del linguaggio” e trova “opinabile che l’uso di ‘la’ di fronte a un cognome di donna sia discriminatorio”.
Forse non lo è, ma noi vogliamo essere sicuri di trattare tutti alla stessa maniera: perché le donne con l’articolo e gli uomini no? Perché “omettendo l’articolo si omette un’informazione”, obietta il nostro lettore. Chi legge, cioè, potrebbe non capire se la persona che guida un ministero o una grande azienda è un uomo o una donna. E allora? Se invece distinguere è necessario, basta aggiungere il nome. Come abbiamo fatto a pagina 25 dello scorso numero: “La mossa di Hillary Clinton”, non “della Clinton”. Per distinguerla da Bill.
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